PATERNO'
La
Storia, a volte, disegna dei tracciati
e dei valori che poi, nel tempo, si perdono.
E’ il caso di Paternò. La città era prediletta
dalle regine aragonesi, divenendo, poi, il
feudo dei principi Moncada. Oggi
la cittadina etnea si distingue per la
produzione delle arance rosse
Sanguinelle e per
i suoi ficodindia. Il Parco dell’Etna, con
Paternò, svela un paesaggio nascosto, forse
lo stesso dell’antica nobiltà…
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I primordi e
la nascita di Paternò
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Se la presenza umana nell’area di Paternò è
stata accertata già in epoca neolitica, i primi insediamenti
risalirebbero
all'età del rame e del bronzo. Verso l'età di Thapsos (anteriore a
quella greca) si datano le prime tracce dell’abitato di Paternò. Il
villaggio era stato realizzato dai Sicani, che vennero spodestati
dalla zona dall’arrivo dei Siculi, i quali edificarono il paese,
sfruttando la presenza di roccia lavica. Il primo nucleo era
posizionato sull’apice del colle vulcanico. Dell’edificazione
nella zona delle città di Hybla Gereatis
e di Imessa abbiamo
già parlato precedentemente. Si tratta di stabilire quale delle due
coincida con l’abitato di Paternò. Se lo
storico locale
Gaetano Savasta propedeva per Imessa, l’archeologo Paolo Orsi
riteneva, invece che fosse Hybla ad averne le caratteristiche. Egli
si basava sul lavoro di storici del Seicento, quali Filippo Cluverio
e Giovan Battista Nicolosi. I tre asserivano che Imessa coincideva
con il centro di Santa Maria di Licodia. In realtà, le diverse
attribuzioni si basano su documenti frammentari e contraddittori. La
verità storica non è stata ancora raggiunta, mancando, oltretutto,
ritrovamenti archeologici ampi, chiari e univoci. Tuttavia, sono
esposte nel Museo Biscari di Catania
lun’ara con
inciso "Veneri Hyblensi" e
una lapide che
riporta la frase "Paternò Hybla Major". Ambedue furono ritrovate,
durante dei lavori di ristruttuazione di un cortile di in un
convento di Paterò, da Frà Placido Bellia, nel 1808, che ne parla
nel suo scritto intitolato Storia di Paternò.
Attorno al 460 a.C.,
le due città vennero conquistate dai greci, con i siracusani del
periodo del tiranno Gerone I. Gli ateniesi le misero a ferro e fuoco
nel 403 a.C Furono
liberate da perte dei Corinzi al comando del generale Timoleonte. A
questo periodo (il greco) sono attribuiti i resti riportati alla
luce nel 1909, detti gli "argenti di Paternò" (custoditi a Berlino
nel Pergamonmuseum) Con la conquista romana, nel 243 a.C., le
due città vennero inserite tra quelle di tipo decumano, cosa che
significava: alte tasse, schiavizzazione e sfruttamento delle
risorse locali. Del periodo romano
sono l'acquedotto e
il Ponte di Pietralunga.
I due villaggi di Aitna
e Hybla scomparvero presto. Addirittura Strabone
ipotizza nel
II secolo a.C. Con la caduta dell’impero romano e la
dominazione bizantina (tra
il IV e il V secolo
d.C.) la Sicilia conobbe un periodo di forte decadenza e
spopolamento delle campagne. I pochi sopravvissuti si misuravano con
assalti dal nord di barbari e dal mare con i saraceni.
Ciononostante, alcuni storici pongono proprio in questo periodo la
fondazione dell'abitato di Paternò. Proprio con la conquista
araba, avvenuta nel 901, la Sicilia, e con essa Paternò, conobbe una
forte ripresa produttiva ed economica. Agricoltura, pastorizia e
commercio dei prodotti si svilupparono rapidamente. Il nome della
cittadina sotto gli arabi, cambiò in Batarnù.
Essa venne inserita
amministrativamente nella Val Demone. E proprio partendo da
questa (la prima città ad essere liberata fu proprio Messina) il
principe
normanno Ruggero d'Altavilla iniziò a scacciare gli arabi dalla
Sicilia. Paternò ben presto venne liberata, e prese il nome di
Paternionis.
Era l’alba di una nuova
cristianizzazione e potente sviluppo.
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