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Paternò, la città delle regine e dei principi

Introduzione
Il toponimo di Paternò
Hybla Major ed Imessa
Le antiche etnie: i Siculi
I primordi e la nascita di Paternò
Le regine e Paternò
L'epoca contemporanea
La famiglia dei Moncada
Antiche architetture
La religiosità a Paternò
Dialetto e folclore
Il vulcano Etna
Il Parco dell'Etna
L'arancia rossa di Sicilia
Il ficodindia dell'Etna

Video su Paternò
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PATERNO'

      La Storia, a volte, disegna dei    tracciati
   e dei valori che poi, nel tempo, si perdono.
   E’ il caso di Paternò. La città era prediletta
   dalle regine aragonesi, divenendo, poi,
   il feudo dei principi Moncada.  Oggi la
   cittadina etnea si distingue per la produzione
   delle arance rosse Sanguinelle e per i suoi
   ficodindia. Il Parco dell’Etna, con Paternò,
   svela un paesaggio nascosto, forse
   lo stesso dell’antica nobiltà…

   

    Hybla Major ed Imessa

   
     
     

 

 

Grotte di Pantalica

Tommaso Petrolito - 10 febbraio 2010
Foto da Wikimedia Commons

 
 






 

    I Siculi, intorno al IV millennio a.C., si spinsero verso l’interno della Sicilia, spodestando, spesso, le popolazioni sicane. Nell’area di Paternò diedero vita all’abitato di Hybla. Essendo diversi i centri siculi che portavano questo nome, per differenziarla, fu denominata Hybla Gereatis (o Hybla Major). Esistevano, infatti, in Sicilia anche i centri di Hybla Heraia e Hybla Minor, che fu rinominata, successivamente, Megara Hyblaea. Quest’ultima, oltretutto,  è posizionata nelle vicinanze di Augusta, in provincia di Siracusa.
Nello stesso periodo e nella stessa area fu fondato il villaggio di Inessa. Abbiamo le prime notizie dei due centri dallo storico greco Tucidide, che attribuisce la loro fondazione, appunto, ai Siculi, oltre a collocarli nella medesima zona, nei pressi dell’Etna. Il geografo tedesco Filippo Cluverio ipotizzò che i due centri antichi costituissero, in realtà, un unico abitato.

Anche Hybla Gereatis fu coinvolta nelle continue lotte per il potere in Sicilia che ebbero termine con la dominazione romana. Prima di essa, la città vide l’arrivo dei Dori e degli Zanclei. Fu l’unica città d’origine sicula a non aderire all’alleanza sotto il comando del re siculo Ducezio. Fu conquistata dai siracusani, durante il periodo del tiranno Dionisio e partecipò, dalla loro parte, alla guerra contro gli ateniesi sbarcati in Sicilia. Con la guerra tra cartaginesi e romani per il controllo dell’isola e delle rotte di navigazione, che vide la vittoria di questi ultimi, anche Hybla Gereatis entrò nell’orbita del dominio di Roma. L’antico toponimo, tuttavia, scomparve.

Il destino (ed il toponimo), invece, di Imessa si incrociò con quello della polis di Katane (l’odierna Catania). Conquistata dai siracusani di Gerone I (V secolo a.C.), Katane prese il nome di Aitna. Diodoro Siculo racconta che Ducezio scelse Imessa come luogo d’esilio dei siracusani di Aitna sconfitti. Con la sconfitta e l’esilio di questi, Katane riprese l’antico nome, mentre la città di Imessa venne denominata come Aitna. Il nuovo nome fu mantenuto fino ad età imperiale romana.
Nella guerra del Peloponneso ad Imessa si svolse una furiosa battaglia tra siracusani e spartani (a cui era alleata Imessa) posizionati sull’acropoli e l’esercito che l’assaltava, formato da ateniesi, sicilioti e siculi, al comando di Lachete. L’esercito assalitore fu sconfitto, riportando gravi perdite durante la ritirata.

Lo storico Pausania si sofferma sull’origine della parola Hybla. A suo parere deriverebbe dal nome di una divinità sicula paragonabile alla greca Afrodite, dea della fertilità e protettrice dei campi coltivati. Il
nome Gereatis, invece, potrebbe fare riferimento al tiranno siracusano Gerone o a Gela, città greca in Sicilia. Potrebbe anche riferirsi ai Galeoti, che erano sacerdoti e indovini greci.

La città di Imessa viene citata nell'Itinerario antonino, nella Tavola Peutingeriana e nelle Verrine di Marco Tullio Cicerone, che denuncia il furto di una statua di grande valore di Imessa da parte di Gaio Verre, che se ne impossessò proditoriamente.

La collocazione dell’antica città di Imessa è tuttora sconosciuta, perché le fonti storiche non coincidono, rendendo difficoltoso il ritrovamento. A metà del Novecento sono stati effettuati scavi archeologici, risultati infruttuosi, in
località Civita, tra Paternò è Santa Maria di Licodia. Il mistero è, quindi, ancora molto oscuro. Basti pensare che Tucidide la pone tra Centuripa ed Hybla Major, Strabone in vicinanza di Catania, l’Itinerario antonino tra Catania e Centuripe,mentre altre fonti antiche individuano la localizzazione, addirittura, tra Catania e Termini Imerese. Ovviamente, le ricerche continuano.

 
 

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