Ruggero d'Altavilla, nel 1072, vi
fece costruire un castello, poiché
l’etnia di Paternò era principalmente d’origine
greca. Da qui mosse per la riconquista ed il controllo di città come
Catania, che, invece era d’etnia predominante araba. L'Altavilla
trasformò Paternò in Contea e la
diede al genero Ugo
di Jersey. Nei vastissimi territori della contea erano compresi
piccoli feudi che coincidevano con conventi e monasteri, soprattutto
benedettini. Gli ampi e fertili terreni, ricchi di fonti d’acqua,
producevano beni alimentari in grande quantità. Per questo veniva
chiamata Civitas Fertilissima,
cioè
"città molto fertile". La contea paternese divenne di Enrico Del
Vasto, dopo il matrimonio tra il Conte
Ruggero e Adelaide
del Vasto, del 1089. Gli succedette il figlio Simone. nel 1137, e,
infine, nel
1143, Manfredo, il figlio di
quest'ultimo.
A causa del matrimonio tra la principessa normanna Costanza d'Altavilla
(figlia di Ruggero II di Sicilia) e l'imperatore Enrico VI, nel
1194, la Sicilia passò sotto la dominazione sveva. Dall’unione
nacque, successivamente, il famoso re Federico II. Durante la sua
reggenza, Paternò venne amministrata da Beatrice Lanza. Nel 1256, il
controllo passò all'aleramico Galvano Lancia.
Lo scontro tra
dinastia sveva e i francesi d’Angiò, si ripercosse, non solo sulla
Sicilia, ma in particolare su Paternò. Ai Lancia, infatti, fedeli
alla dinastia sveva, successe Manfredi II Maletta, il quale,
tradendo i tedeschi, aprì la città agli angioini, che la occuparono.
Il periodo della dominazione francese, comunque, non durò a lungo. I
Vespri siciliani e la lunga guerra che ne derivò, portarono sul
trono siciliano gli Aragonesi (1299).
Il possesso della
città etnea divenne assai prezioso. Infatti, nel 1302, il sovrano
Federico III d'Aragona la donò alla consorte Eleonora d'Angiò,
inserendola nella cosiddetta Camera Reginale.
Le Regine che seguirono ebberò in eredità Paternò. Dopo un breve
periodo, in cui il suo governo fu conteso tra le famiglie nobili
degli Alagona, Palizzi e Chiaramonte, passata al Regio
Demanio (1396), essa tornò di proprietà della regina Bianca di
Navarra, per volere del consorte, il re Martino (nel 1403). Due anni
più tardi furono emanate le Consuetudini di Paternò,
che contenevano
un sistema di norme civili. Tuttavia, questo
periodo di centralità del paese di Paternò durò fino al 1431, quando
esso fu venduto da re
Alfonso I d'Aragona a Niccolò Speciale e poi, nel 1456,
definitivamente, a Guglielmo Raimondo Moncada. Paternò, quindi,
divenne un nuovo feudo siciliano. Con esso, nonostante il
buongoverno e nonostante la nomina a principato (nel 1565,
con decisione di
Filippo II di Spagna), Paternò ebbe un lento ma progressivo declino.
Il nuovo rango di principato portò all’inurbamento di famiglie
nobili e di ceto borghese, oltre che semplici abitanti. Il centro
civico registrò un deciso sviluppo urbanistico. Dopo il terremoto
del 1693, Paternò alta, sulla collina, cedette in favore della parte
bassa, più sicura, che lentamente si sviluppò nel secolo successivo.
Giunsero a Paternò molte confraternite, che edificarono nella parte
bassa chiese, conventi ed edifici religiosi, oltre alla presenza di
edifici civili e residenze nobiliari. Nel 1812, con l’emanazione
della Costituzione siciliana, furono aboliti
la tortura, il
maggiorascato e, soprattutto, i diritti feudali, i Moncada persero
la proprietà di Paternò.
Venne promulgata
anche l'uguaglianza
in campo giuridico.
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