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Il Rinascimento in Sicilia

Il Rinascimento in Sicilia?
Il Quattrocento siciliano
La grande scultura siciliana
Il Cinquecento siciliano
Ultimi fuochi di
Rinascimento

Antonello da Messina
Domenico e Antonello Gagini
La Pietà di Giorgio da Milano
Francesco Laurana
Giovanni Angelo Montorsoli
Altri artisti rinascimentali
Natale Masuccio

Video su Antonello e sui Gagini
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IL RINASCIMENTO IN SICILIA

        Anche se della stagione
    rinascimentale in Sicilia oggi ne
    rimane poco, sia per i terremoti che
    per l’eccessivo sminuzzamento,
    ciò che abbiamo “grida” la bellezza
    stilistica e culturale di questo grande
    periodo storico siciliano, molto
    spesso sottovalutato.

   

    Il Cinquecento siciliano

   
     
     

 

 

L'ospedale Maggiore di Messina di Andrea Calamech

Maria Accascina  - 1908
Foto da Wikimedia Commons

 






 Come abbiamo visto, alla fine del Quattrocento, non si erano ancora innescate le trasformazioni linguistiche del nuovo periodo rinascimentale. Vi erano, tuttavia, alcuni caratteri duraturi della cultura siciliana, che se ne avevano rallentata l’espansione dall’altra ne avrebbero caratterizzato il successivo periodo storico. Tra questi, senz’altro, la posizione centrale del clero, sia come principale committenza, sia come serbatoio di religiosi-artisti. In questo periodo, inoltre, le grandi città isolane, come Palermo e Messina (ma anche Catania e Siracusa) si caratterizzano per la maggiore dinamicità artistica e costruttiva, e per questo attraggono  artisti dalla penisola con un coinvolgimento culturale maggiore delle manovalanze locali. Con un panorama più ampio di fronte a sé, i maestri siciliani affrontano viaggi verso le capitali culturali italiane, come Roma e Firenze, ampliando un dibattito che così coinvolge i vari operatori siciliani.

Agli inizi del Cinquecento, il classicismo rinascimentale non porta in Sicilia alla costruzione di architetture rilevanti, ma, più che altro, investe la filosofia costruttiva degli edifici. E’ il caso della sacrestia del Duomo di Siracusa, o delle cappelle annesse alle chiese locali. Di queste, ne esistono attualmente un gran numero. Tra queste: la cappella dei Confrati in Santa Maria di Betlem a Modica, la cappella Naselli in San Francesco a Comiso, la cappella della Dormitio Virginis in Santa Maria delle Scale a Ragusa. o la cappella dei Marinai nella Chiesa dell'Annunziata a Trapani, realizzata da Gabriele di Battista.
Purtroppo delle realizzazioni maggiori esiste ben poco. La memoria ci tramanda di magnificenze: costruzioni come la facciata rinascimentale del Duomo di Siracusa, che andò perduta col  terremoto del 1693, oppure la monumentale tribuna della Cattedrale di Palermo, opera di Antonello Gagini, che fu cancellata alla fine del Settecento
. La costruzione della tribuna della Cattedrale di Palermo, oltretutto, richiese parecchi anni di costruzione e non poche fatiche: iniziata nel 1510 dal progettista, Antonello Gagini, fu ultimata, nel 1574, dai figli Antonino, Giacomo e Vincenzo Gagini.

La pittura
Lo scambio culturale tra la Sicilia ed il continente si palesa maggiormente nell’ambito pittorico. Nel 1517 arriva a Palermo il quadro di Raffaello Andata al Calvario (che poi prese il nome di Spasimo di Sicilia). Nell 1519 si trasferirono a Palermo Vincenzo da Pavia e, successivamente, Orazio Alfani e da Napoli, Mario di Laurito, che diffusero la "maniera" moderna di dipingere. Contemporaneamente, artisti siciliani si attivarono fuori dall’Isola, come Giacomo Santoro (a Roma e Spoleto) e Tommaso Laureti (a Roma e Bologna).

L’intenso dibattito fu fecondo per la formazione di pittori siciliani, tra questi, ricordiamo, Vincenzo degli Azani e Girolamo Alibrandi. Quest’ultimo che operava a Messina, fu certamente influenzato dall’arte di Cesare da Sesto, che trasferitosi nella città dello Stretto, vi portò uno stile a cavallo tra Raffaello e Leonardo da Vinci. Sempre a Messina, nel 1529 (dopo il Sacco di Roma), giunse Polidoro da Caravaggio, che vi rimase sino alla morte. Di lui si ricordano le decorazioni effimere che furono realizzate in occasione dell’arrivo di Carlo V in città, nel 1535. Tra i suoi allievi vi fu Deodato Guinaccia.

La scultura
Abbiamo visto come la scultura occupi un posto privilegiato nel Rinascimento siciliano, dove si espresse con composizioni marmoree, ma anche in stucco e in legno (come da tradizione locale).
A Palermo per tutto il XVI secolo opera la bottega dei Gagini, che fornisce una committenza privata con una produzione standard di bottega (come i tabernacoli in marmo cinti da angeli), e realizza, contemporaneamente, prestigiosi incarichi. A capo di essa vi era Antonello Gagini, figlio di Domenico. A differenza del padre e del Laurana, Antonello fu molto più ispirato dalle nuove idee, sempre informato del dibattito in corso, tanto da superare lo stile passato del padre. La sua ricerca lo portò anche a Roma, dove operò a fianco dello stesso Michelangelo, e a Messina.
Grande centro di produzione artistica, la bottega dei Gagini, oltre ai figli di Antonello, formò nuovi scultori e artisti, tra cui Giuliano Mancino, Antonio e Bartolomeo Berrettaro, Vincenzo Carrara, Fedele Da Corona.

Messina, a differenza del resto della Sicilia, è molto più aperta alla cultura romana e toscana. Si incaricano prestigiosi autori per grandi commesse cittadine.
Giovanni Angelo Montorsoli, già allievo di Michelangelo, dal 1547 al 1557, lavora in città con una propria bottega, dove realizza opere che vinceranno il tempo ed i terremoti, quali la Fontana di Orione e la Fontana del Nettuno, ancora godibili a Messina. Con lui collaborò Martino Montanini, a Messina dal 1547 al 1561, che divenne poi capomastro del Duomo. Montorsoli formò artisti locali del calibro di Giuseppe Bottone.
Altro arrivo importante a Messina (
nel 1563) è quello di Andrea Calamech, allievo di Bartolomeo Ammannati. Come per i Gagini, nella sua bottega lavoravano il figlio Francesco il nipote Lorenzo Calamech e il genero Rinaldo Bonanno.
Tra gli artisti toscani che furono presenti nella città dello stretto, ricordiamo inoltre: Michelangelo Naccherino e Camillo Camilliani.

 
 

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