Tra i resti del passato più importanti della città di Messina vi
sono due bellissime fontane realizzate da
Giovanni Angelo Montorsoli.
Una è posta accanto al Duomo, la fontana di Orione (del
1547-51), l’altra
di fronte alla Prefettura, innanzi al mare, la fontana del
Nettuno(del 1557). Montorsoli, fiorentino di nascita, ebbe una
grande importanza, come scultore ed architetto, nel rinascimento di
Messina.
Montorsoli, frate Servo di Maria, lavorò
inizialmente a fianco di Michelangelo nel cantiere della Sagrestia
Nuova di San Lorenzo a Firenze. Per esso creò la statua di San
Cosma (1536-37), che
fu posizionata, successivamente, accanto alla Madonna da
Giorgio Vasari. Svolse per alcuni anni il mestiere di restauratore
di antiche statue classuche, come, ad esempio, il Laocoonte. Si
dedicò inizialmente anche alla scultura funeraria, realizzando
importanti composizioni, come la tomba di Mauro Mafferi
(1537) contenuta nel Duomo di Volterra e la tomba di Andrea Doria
(1541) posta nella chiesa di San Matteo a Genova Da giovane
viaggiò moltissimo, ma quando furono emanate le nuove norme (del
1547), dettate da papa Paolo IV, che restringevamo le possibilità di
viaggiare dei religiosi, cercò, grazie al cardinale Ippolito II
d'Este,
di trasferirsi
alla corte di Francesco I
in Francia. Non vi rimase, però, a lungo a causa di incomprensioni e
malevolenze. Tornato a Firenze non trovò un ambiente migliore.
Da uno scritto del Vasari e da una sua lettera a Cosimo I, pare che,
entrato in competizione con lo scultore Baccio
Bandinelli.
Sembra che quest’ultimo fece distruggere un suo gruppo statuario su
Ercole e Caco
collocato in una
fontana della villa di Castello. La ragione? Anche il Bandinelli
aveva scolpito un opera dello stesso argomento (molto criticata),
che si trovava in piazza della Signoria.
A Messina
Come artista emergente fu invitato a Messina dal Senato Messinese,
dove soggiornò tra il 1547 e il 1557. Come opera iniziale gli fu
commissionata la fontana di Orione (mitologico fondatore della
città). Essa era posta alla foce dell'acquedotto del Camaro
(realizzato tra il 1530 e il 1547), sulla piazza del Duomo della
città. Doveva essere di pubblica utilità, sia come decoro, sia come
esaltazione della volontà del governo pubblico, che aveva portato
alla realizzazione del progetto
stesso. Il compito si presentava complesso, poiché implicava
il riassetto della scenografia urbana della piazza. Per collocare la
fontana, che non era in asse del Duomo, fu necessario abbattere la
chiesa di S. Lorenzo (nel 1550) ed eseguire molti altri
dettagli sul fondale della piazza. Inoltre, di conseguenza, gli fu
affidato l’incarico della ricostruzione della nuova chiesa di S.
Lorenzo. Il valore dell’intero cantiere era, ai tempi, molto
elevato, rappresentando uno dei primi interventi scultorei,
architettonici e urbanistici in tutta la Sicilia. Il Montorsoli
portò avanti l’esperienza con forte rigore, con grande
consapevolezza artistica e
culturale. La fontana, che era alimentata dal torrente Camaro,
si presenta con un andamento piramidale. Su tutto svetta la figura
di Orione (con ai piedi il suo cane Sirio). Scendendo, 4 puttini
cavalcanti delfini da cui sgorga l’acqua che ricade in una vasca con
4 Naiadi e 4 Tritoni. Nella grande vasca dodecagonale sottostante si
trovano le 4 statue simboliche dei fiumi Nilo, Tevere, Ebro e dello
stesso Camaro. La fontana si completa con 4 piccole vasche e con 8
mostri marini realizzati in
pietra nera.
Un’altra fontana, che gli fu commissionata a
Messina, è quella del Nettuno. Essa simboleggia il buon governo e,
oltre alla figura del Nettuno (che domina), presenta i due mostri
Scilla e Cariddi, sconfitti da Nettuno stesso. Essa era posta, alla
realizzazione, sulla marina rivolta verso la città. Dopo il
terremoto del 1908, è stata ricollocata davanti la prefettura (oggi
piazza dell’Unità d'Italia), rivolta, però, verso il mare, cioè
ruotata di 180° gradi. Nel periodo rinascimentale si trovano tre
fontane sul tema del Nettuno. La prima, in ordine di tempo, è quella
del Montorsoli a Messina (completata nel 1557),
seguono poi quella del Giambologna a Bologna (del 1563-1566), e,
ultima, quella di Bartolomeo Ammannati a Firenze (realizzata tra il
1563 e il 1577).
Durante la sua presenza a Messina il
Montorsoli eseguì, come abbiamo visto, altre costruzioni: oltre la
chiesa di San Lorenzo, la Torre della Lanterna (del 1555)
detta anche Torre del Garofalo,
sulla penisola di San
Raineri, e l'Apostolato nel Duomo (1550-1555) che fu
distrutto e ricostruito, dove il Montorsoli cercò in una sola
struttura architettonica di riunire gli altari delle cappelle
laterali della Cattedrale. Sia la chiesa di San Lorenzo che
l’Apostolato, presentano uno stile “michelangiolesco”, nell’uso
dell’ordine gigante come nell’unità plastico-architettonica. L’
edificio centralizzato coperto da una cupola emisferica posta sopra
un alto tamburo, che ricordava la prima versione di San Pietro del
Bramante, purtroppo è andata perduta nel terremoto del 1783.
Il Montorsoli, durante il soggiorno a Messina, si avvalse della
collaborazione dell’ abate Francesco Maurolico, scienziato,
matematico e letterato messinese, figura di grande importanza
storico-culturale del Cinquecento. Probabilmente da lui derivano i
suggerimenti sul contenuto simbolico delle fontane e sculture del
Montorsoli.
Molto cresciuto artisticamente a Messina, venne
chiamato successivamente a Genova da Andrea Doria. Per esso realizzò
diverse statue, tra queste quelle nella chiesa di San Matteo e la
stessa tomba di Andrea Doria. Sempre in San Matteo, si trova pure
una sua Pietà, di evidente ispirazione michelangiolesca. Nei
giardini del Palazzo del Principe è collocata una sua statua del
tritone. Realizzò a Genova, anche, la scala del palazzo degli
Spinola in via Orefici. Da lui composte opere nella vicina
Sanremo.
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