Teatri e Anfiteatri, presenti in ogni città
dell’impero, presentavano spettacoli gratuiti alla popolazione, sia
in ricorrenze religiose che civili. Questa attività, che certamente
doveva essere alquanto onerosa, aveva il suo motivo. Essa aveva
l’effetto di mantenere la tranquillità delle popolazioni in ogni
parte dell’impero. Era un vero e proprio metodo per
l’amministrazione del governo da parte degli imperatori. Tant’è che
Marco Cornelio Frontone (scrittore ed oratore romano del II secolo)
scriveva: “il popolo romano ormai si
preoccupa soprattutto solo di due cose, le
vettovaglie e gli
spettacoli.” Insomma, il famoso panem et circenses
(pane e giochi). Gli spettacoli, unitamente alle Terme, erano
utilizzati, infatti, per mantenere il popolo sereno nel suo tempo
libero, amministrando con essi proprio quest’ultimo.
D’altra
parte il tempo libero di un romano era tutt’altro che scarso. Alcuni
studiosi hanno calcolato che i giorni di festa assommavano a oltre
metà anno. In più alle festività religiose, si assommavano quelle
civili, quelle delle corporazioni, quelle nelle singole Province,
quelle locali, in campagna come nei singoli quartieri, oltre alle
festività decise dall’imperatore stesso. Il totale risulterebbe: un
giorno lavorativo per due di festa. Quindi il tempo libero
sovrabbondava e gli spettacoli erano pressoché in continua
successione.
Anticamente la maggior parte delle festività
erano religiose ed avevano un carattere sacrificale in onore di un
dio specifico, con un suo rituale e contenuto. Col tempo, dall’età
imperiale, le motivazioni delle origini persero di significato,
spesso furono del tutto dimenticate. Qualcosa rimase nel rituale o
in determinate etichette. Prese piede invece la simbologia dello
zodiaco: ogni cosa era simbolo delle entità della terra e
dell’astrologia, un nuovo modo di interpretare l’esistenza.
Fu Augusto a decidere delle modalità e divieti specifici per le
manifestazioni. Ad esempio, non si era accettati nei settori della
tribuna se malvestiti o se ricoperti da un mantello, anzi, bisognava
toglierlo per mostrare la toga bella delle grandi occasioni.
Altrimenti si veniva allontanati. Nei settori principali gli schiavi
(anche quelli liberati) non erano tollerati, come le donne se non
accompagnate dal consorte. Quelle singole erano collocate nei piani
alti dell’anfiteatro. Sempre Augusto vietò la presenza nella tribuna
delle delegazioni di province o paesi amici. Questo perché spesso in
esse erano presenti schiavi liberati e, quindi, sconveniente.
Naturalmente, il comportamento dei notabili doveva essere consono e
ben educato. Era vietato, inoltre, severamente, bere o mangiare
durante lo svolgimento degli spettacoli.
I giochi
gladiatori Tra gli spettacoli che si
tenevano nell’epoca romana, i combattimenti tra gladiatori e quelli
tra gladiatori e animale feroci sono tra i più conosciuti. Quello
che non si conosce è che anche questi confronti avevano un origine
sacra. Documenti storici citano combattimenti in occasioni funebri,
a loro volta originati dalla stessa tradizione Sannita, nell’Italia
meridionale. Come detto, questo rapporto sacro si attenuò fino a
scomparire del tutto in età imperiale.
Le lotte tra
gladiatori, spettacolo che riscuoteva grande successo popolare a
Roma, portarono dapprima alla costruzione di teatri in legno per poi
essere coronati dalla edificazione di Anfiteatri sempre più grandi e
monumentali. Questo tipo di “gara” si diffuse, in breve tempo, in
tutto l’impero, anche nelle città più piccole (tra il I e il II
secolo d.C.). Unitamente allo spettacolo si diffuse perciò anche il
contenitore dove effettuarli. Gli anfiteatri vennero costruiti
ovunque, divenendo una realtà caratterizzata e caratterizzante
dell’epoca romana. Il gradimento di questi combattimenti era tale
da richiamare appassionati da ogni dove. Gli spettatori, oltre
quelli locali, provenivano in grandi folle anche dalle città vicine
e dalle campagne. Tant’è che gli anfiteatri erano posizionati in
periferia o fuori delle mura, lungo grandi strade di collegamento.
Esempio di anfiteatri fuori delle mura sono quelli di Verona e
Milano. Non bisogna essere tratti in inganno dalle loro dimensioni,
a volte piccole, ma considerare la popolazione di allora, che non
era certamente quella di oggi. A ben pensarci era, invece, un
successo enorme.
Con l’affermarsi del Cristianesimo, i
combattimenti gladiatori furono considerati violenti e disumani, ma
più dalle autorità che dalla popolazione. Dall’epoca di Costantino è
un succedersi di divieti e di interdizioni (dal
326). Ma le scuole di gladiatori continuavano ad esistere, tanto che
l’imperatore Costanzo II li riabilitò, per poi essere di nuovo
proibiti da Valentiniano III. L’interesse comunque, al di là dei
divieti, con la stessa diffusione del cristianesimo,
progressivamente scemò del tutto. L’ultimo incontro di gladiatori si
tenne al Colosseo in età barbarica, sotto Teodorico nel VI
secolo.
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