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Musei di archeologia in Sicilia

L'ARCHEOLOGIA
L'archeologia ed il suo mestiere
I primordi dell'archeologia
Nascita della prima archeologia
Si sviluppa l'archeologia moderna

ARCHEOLOGI
Paolo Orsi, archeologo
Salinas ed Agati
MUSEI ARCHEOLOGICI SICILIANI
 Il museo archeologico di Siracusa
  Il museo archeologico di Palermo
 Il museo archeologico di Enna
 Il museo archeologico Eoliano
  Altri musei archeologici


Video sull'archeologia in Sicilia
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USEI DI ARCHEOLOGIA

      Archeologi bravi e scrupolosi hanno
    riportato alla luce il passato storico
    della Sicilia. Nei musei archeologici,
    oggi, sono esposti i gioielli della
    regione. E la loro bellezza incanta
    ancora dopo secoli.

   

    Si sviluppa l'archeologia
    moderna

     
     

 

 
 

Museo archeologico Ibleo di Ragusa

 

Sal73x- novembre 2009
Foto da Wikimedia Commons

 





 Nel 1901, con il libro sull'Industria artistica tardoromana, Alois Riegl, mise l’accento sul contesto culturale in cui si era realizzata l’opera d’arte, superando, quindi, tutte le astratte “bellezze ideali”. Era nata la storicizzazione dell’arte. Da qui lo studio di tutte le civiltà e culture. Da qui l’archeologia che conosciamo.
Gli studiosi, infatti, si erano già chiesti come ritrovare e catalogare i reperti preistorici, appartenenti, cioè, a prima della nascita della scrittura. Non ci si poteva avvalersi di fonti scritte per individuare i siti archeologici e poi inquadrarli storicamente, l’unica possibilità era una classificazione culturale. Questo voleva dire uscire dall’
orientamento storico-artistico per approdare ad uno maggiormente storico-antropologico,

Tecnicamente, William Flinders Petrie, egittologo, agli inizi del nuovo secolo, sviluppò il sistema di seriazione (la distribuzione statistica), che, insieme alla stratigrafia, innovarono l’archeologia di quei tempi, almeno fino all’introduzione della datazione tramite gli isotopi radioattivi.
Nuovi metodi di scavo vennero introdotti. Ad esempio, lo scavo per quadrati (tra il 1920-1950), o lo scavo su grandi aree (fine anni ’70). Nel dopoguerra la ricostruzione portò alla definizione dell’archeologia urbana, mentre a livello di industrie storiche, nacque l’archeologia industriale.
Ma il vero passo in avanti, registrato nel ‘900, fu la creazione di cattedre universitarie di archeologia, sia in Europa che in America, superando, quindi, definitivamente, le improvvisazioni amatoriali.

L’intersecazione con l'antropologia culturale, però, ha prodotto un grande dibattito, soprattutto a partire dagli anni sessanta, con esiti a volte dubbi. Sono nati problemi interpretativi e metodologici, con una grande esplosione creativa di archeologie di tutti i tipi. Questo collegamento, inoltre, tra l'archeologia e l'antropologia, ha prodotto, negli Stati Uniti, la cosiddetta archeologia processuale (dei "processi culturali"). Questa sovverte il punto di vista dell’archeologia da storico a fenomeno culturale. Gli archeologi furono tacciati di limitarsi al ritrovamento, inquadramento storico e successiva catalogazione, mentre l’archeologia processuale approfondirebbe, a questo punto, tutti gli aspetti culturali e sociali, in un generale rapporto con l’ambiente, i nodelli di insediamento e le caratteristiche antropologiche della civiltà presa in considerazione. Il tutto alla ricerca di una nuova archeologia di tipo scientifico.
Come capita a volte, all’archeologia processuale è seguita l’archeologia post-processuale. La risposta arrivò dall’Inghilterra, con un richiamo alla coerenza e alla concretezza, della “vecchia” archeologia.
Anche in Italia le nuove teorie hanno avuto uno scarso seguito e successo.

Questi tentativi, comunque, di vedere l’archeologia e la storia in modo diverso, hanno prodotto nell’ultimo secolo, l’archeologia sperimentale. Molto seguita nel mondo anglosassone, essa tenta di capire, più che l’oggetto di per sé, il modo in cui esso è stato prodotto e utilizzato e tutti i processi sociali ad esso legati, ma non soltanto a livello teorico, ma pratico, sperimentale, appunto. Ne è un esempio il viaggio della zattera Kon-Tiki, con alla guida Thor Heyerdahl, che attraversò, nel 1947, l’oceano Pacifico, dal Sudamerica alla Polinesia, per dimostrare la possibilità di contatti tra le diverse culture oceaniche.

La rivoluzione tecnologica
Nella seconda metà del secolo, anche l’archeologia è stata interessata dai benefici della grande innovazione tecnologica registratasi. La più grande innovazione si è avuta nel campo della datazione, grazie all’uso del radiocarbonio. Il metodo fu messo a punto, nel 1949,
dallo scienziato statunitense Willard Libby. Col tempo è stato messo a punto sempre di più. Inoltre, essendo applicabile solo nel caso di reperti organici, ad esso sono stati affiancati numerosi metodi di datazione applicabili su materiali diversi. Il vantaggio a livello storico è palese.
Un altro passo in avanti è stato ottenuto utilizzando la fotografia aerea. Essa, permettendo una visione più chiara del territorio, facilita l’individuazione di possibili siti dove scavare  con maggiore precisione.
Una terza innovazione si è avuta con l’uso del DNA in archeologia. Un esempio è la mummia dell’ominide Ötzi, ritrovato nel ghiacciaio del Similaun, nel 1991. L’analisi del DNA, ad esso applicata, ha messo in luce un aplogruppo K assai
raro in Europa, ma molto più riscontrabile nell’area mediorientale, dimostrando flussi migratori già in epoca preistorica.

 
 

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