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   Siracusa    
     
     

 
 
Resti delle antiche mura greche, con posterla, fatte costruire nel 402/397 a.C. da Dionisio il Vecchio a Siracusa.
 
Giovanni Dall'Orto - 17 ottobre 2008.


 
 
 

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Siracusa fu fondata nell'anno 734 a. C. nella piccola isola Ortigia da una colonia di Corinzi condotti da Archia, i quali trovarono nel vicino territorio, in Sicilia altri Greci, forse Calcidesi e molti coloni Fenici e popolazioni sicule che lì dimoravano già da molto tempo. I Fenici chiamavano già quella regione con un nome che nella loro lingua significa luogo orientale: l'Holm vuole che da questa parola sia derivato il nome Siracusa che rimase alla città, e rigetta l'opinione degli antichi, i quali credevano che la città avesse preso nome dalla vicina palude "Syraka" che si trova presso l�Anapo. Poco sappiamo intorno alla storia dei primi tempi di Siracusa; la città si resse dapprima a repubblica e ben presto fondò colonie nella stessa Sicilia: nel 664 a. C., cioè 70 anni dopo che era sorta, fondò "Acre" (Palazzolo) ed Enna (Castrogiovanni), dopo alcun tempo "Casmene" (Scicli?), e nel 599 a. C. "Camarina" (Scoglitti?). Pare che queste colonie rimanessero sempre dipendenti da Siracusa, poiché Camarina fu distrutta 46 anni dopo la sua fondazione, a causa di una rivolta (Tucidide 6,5). In Siracusa due fazioni si contesero il potere nei tempi della repubblica: quello aristocratico dei proprietari detto dei "Geomori", i quali discendevano dai primi coloni fondatori della città e quello democratico detto dei "Kylli Kyrii"; pare che il condottiero Archia abbia affidato il governo ai suoi favoriti, trasmissibile per eredità, sotto la presidenza di un capo detto pritano, uguale a quello di Corinto madrepatria, e che le lotte incominciate sin da quei primi tempi dell'esistenza di Siracusa si siano inasprite sempre più. A causa di queste discordie civili, la città cadde più tardi sotto il dominio dello straniero; difatti nel 486 a.C. in una sommossa i Geomori dovettero e riparare in Casmene, donde mandarono a chiedere a Gelone, tiranno di Gela: questi, ambizioso, colse propizia per impadronirsi di Siracusa, e tosto riuscì, mentre correva l'anno 485, ad occupare la città insieme coi fuoriusciti. Gelone, proclamato tiranno di Siracusa, volle che questa crescesse in potenza, e vi condusse tutti gli abitanti di Camarina e metà di quelli di Gela: più tardi vi trasferì anche i più ricchi cittadini di Megara e di Eubea. Poco dopo essendo sbarcati in Sicilia 300000 Cartaginesi condotti da Amilcare, Gelone accorse contro di essi conducendo un formidabile esercito, e vinse i nemici sotto Imera, costringendoli ad una pace vantaggiosa ai Siracusani, e obbligandoli con giuramento a non sacrificare mai più vittime umane a Saturno. Ritornato in Siracusa Gelone trovò che li scoppiava una rivolta, perché si voleva un governo libero; allora egli, radunato il popolo armato, si presento inerme a rendere ragione del suo governo, e gettato il pallio, ai mostrò Igundo ai Siracusani, domandando la morte se avesse operato male, e invece la tranquillità della vita privata se ai fosse condotto bene. Ma il popolo a quelle parole, pieno di entusiasmo, lo applaudì riconfermandolo suo signore: tanto volubili sono le plebi! Gelone mori nel 478: negli otto anni del suo governo Siracusa si era ingrandita estendendosi largamente fuori della "città interna" cioè di Ortigia, nell'altipiano di Acradina, e già si poteva considerare come la prima delle città greche in Sicilia forse la popolazione raggiunse allora il numero di 200000 abitanti. A Gelone successe il fratello Jerone che regnò sino al 467; questi fu più dispotico del fratello, ma seppe farsi amare per la sua liberalità, e accolse nella sua reggia i più celebri letterati e poeti del suo tempo: Eschilo, Pindaro, Bacchilide, Simonide, Epicarmo. Nel 476 occupò la città di "Catana", ne espulse tutti i cittadini che mandò ad abitare in Leontini, e la ripopolò con 10000 coloni in parte Siracusani e in parte Peloponnesiaci, cambiandole il nome di Catana in quello di Aetna. Dopo la morte di Jerone i Catanesi lasciarono Leontini, e, nel 461, occuparono di nuovo Catana, alla quale restituirono l'antico nome. A Jerone, morto in Etna nel 467, successe il fratello Trasibulo, che fu l'ultimo dei Dinomenidi regnanti in Siracusa, perché si lasciò togliere il governo dal popolo rivoltato contro di lui In questa impresa i Siracusani furono aiutate dalle repubbliche siceliote di Acragante, Imera, Selinunte, e di altre città, le quali, tutte festeggiarono con esultanza l'espulsione del tiranno da Siracusa, e posero le loro repubbliche sotto la protezione di Giove Eleuterio (liberatore). Il governo popolare in Siracusa durò circa sessant'anni, durante i quali la città raggiunse la sua massima potenza e ricchezza, e poté riuscire vittoriosa dalla guerra messale dagli Ateniesi. Mentre ardeva in Grecia la guerra del Peloponneso anche in Sicilia le città doriche e specialmente Siracusa, Acragas, Gela, Selinos, Imera e Messana, erano ostili colle città ioniche o calcidiche cioè a Leontini, Catana, Nasso. Nel 427 Siracusa mosse le armi sopra Leontini, la quale mandò il suo oratore Gorgia a chiedere aiuti ad Atene. Questa, temendo che Siracusa sua rivale sul mare e in Sicilia, crescesse ancora più in potenza, mandò contro di essa una prima e una seconda squadra nel 424 a. C. , ma i Siracusani rinunziarono alle ostilità contro i Joni di Sicilia, e, radunato a Gela un congresso, ottenne una pace generale, per salvare l'isola dalla invasione degli Ateniesi. Più tardi però, nel 415 a. C., dopo che i Selinuntini ebbero vinti i Segestani, questi furono consigliati dai loro alleati Siracusani a chiedere aiuto ad Atene, e l'ambizioso Alcibiade ottenne con l'aristocratico Nicia e col valoroso condottiero Lamaco il comando di una formidabile squadra, la quale attraversò l'Egeo e lo Ionio e approdò in Sicilia. La spedizione ebbe termine con la sconfitta dell'armata navale ateniese nel porto grande di Siracusa, e con la disastrosa ritirata dello esercito sul fiume Assinaros presso Noto: 7000 Ateniesi finirono la loro vita rinchiusi nelle celebri latomie di Siracusa: i loro condottieri Nicia e Demostene furono uccisi. Scampato il pericolo degli Ateniesi, Siracusa si trovò ben presto minacciata dai Cartaginesi, i quali, dopo che occuparono quasi metà della Sicilia e distrussero Imera, Acragas e Selinos, nel 405 a.C. corsero contro Siracusa, centro dell'ellenismo nell'isola, ma furono arrestati da una pestilenza, della quale approfittò il giovane guerriero Dionigi per concludere la pace con essi. In ricompensa dei servizi resi alla patria, Dionigi fu proclamato signore di Siracusa; egli seppe restare al potere sino al 367, anno della sua morte, e durante questo periodo seppe compiere imprese che lo resero celebre: munì Ortigia di torri e vi edificò una fortezza per sua dimora, fece costruire rapidamente le colossali mura di cinta attorno all�altipiano detto oggi di Taracati, delle quali ancora oggi si ammirano gli avanzi, fece innalzare il massiccio castello Eurialo, rendendo inespugnabile la vasta città; inoltre fece costruire una grande flotta per la difesa marittima contro i Cartaginesi. Dionigi fu amatissimo delle muse e accolse alla sua corte il filosofo Platone il quale prese cura del figlio Dionigi II. Questi nel 367, essendo morto il padre salì al trono, ma datosi ai piaceri, ne fu rovesciato nel 356. Più tardi nel 344 i Cartaginesi tentarono d'impadronirsi di Siracusa, ma da Corinto fu inviato Timoleonte, il quale liberò la città dai Cartaginesi e dallo stesso Dionisio il giovane, e fece demolire in Ortigia la fortezza di Dionisiadi. Quindi chiamò alcuni coloni dalla Grecia per accrescere le forze della città, e ordinò il governo della repubblica in modo che si accostasse di più alla forma popolare che all'oligarchica. Quando poi vide assicurata la libertà di Siracusa, rinunciò al governo e visse da privato. Timoleonte fu tenuto in grande venerazione dai Siracusani, i quali gli resero grandi onori. La repubblica di Timoleonte non durò più di 30 anni perché Agatcle da Imera seppe con l'astuzia impadronirsi, del potere nel 317 a.C., e quindi fece riedificare in Ortigia la fortezza per dimorarvi da tiranno. Agatocle doperò mezzi inumani per liberarsi dagli oligarchi e ne fece perire più di 4000, suscitando contro di sé l'odio e il disprezzo: venuti i Cartaginesi ad assediare Siracusa, egli seppe eluderne la vigilanza, e partitosi con 60 navi portò guerra al nemico in Africa, ma quella spedizione ebbe misera fine Ritornato in Sicilia, ridusse all'obbedienza molte città greche dell'isola, sicché, nel 289 a.C. quando morì per il veleno propinatogli, Siracusa aveva raggiunto grande potenza come al tempi di Dionisio il vecchio. Alla morte di Agatocle la città si trovò in balia dei capi dei due partiti, e così fu possibile che se ne impossessasse Iceta che la dominò sino al 278 e quindi Pirro, genero di Agatocle; questi respinse i Cartaginesi riuscendo ad occupare gran parte della Sicilia da Messana a Lilibeo; ma fu gloria di breve durata, perché Pirro, divenuto despota e nemico, fu costretto nel 276 a lasciare 1'isola. Quindi s�impadronì della signoria di Siracusa il generale Jerone II che regnò 60 anni, dal 275 al 216, sempre fedele alla politica romana nella prima e nella seconda guerra punica. Durante il regno di Jerone II la città godette una lunga pace e fu migliorata: il poeta Teocrito compose i suoi idilli, il matematico Archimede inventò le sue celebri macchine da guerra. Morto Jerone gli successe il nipote Jeronimo, il quale vide inasprirsi di nuovo le lotte tra i due partiti, e cadde assassinato a Leontini per opera di alcuni congiurati. Quindi nel 214 a. C. prevalse il partito che favoriva i Cartaginesi, ed allora il pretore romano Marcello pose l'assedio a Siracusa, e malgrado l'aiuto prestato dal genio di Archimede in favore della città questa, vinta dal tradimento, cadde in potere dei nemici, dopo due anni di assedio, nel 212, e fu da essi saccheggiata. Archimede, mentre era assorto nei suoi calcoli di matematica fu sorpreso da un soldato, al quale si dice che abbia detto: Noli turbare circulos meos, ma quegli lo spense. Magnifiche opere d'arte furono trasportate da Marcello a Roma per ornare il suo trionfo: esse contribuirono a diffondere nel mondo romano il gusto per l'arte greca. Da quel tempo Siracusa cadde nella condizione di città provinciale dipendente da Roma; ma continuò ad essere la capitale incontrastata della Sicilia, e i Romani vi mandarono a fissarvi la loro dimora un pretore per il governo dell'isola e uno dei due questori incaricati dell’amministrazione finanziaria. Durante il dominio dei Romani la città decadde dal suo primitivo splendore.

 
 
 

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