Siracusa fu
fondata nell'anno 734 a. C. nella piccola isola Ortigia da una colonia di
Corinzi condotti da Archia, i quali trovarono nel vicino territorio, in
Sicilia altri Greci, forse Calcidesi e molti coloni Fenici e popolazioni
sicule che lì dimoravano già da molto tempo. I Fenici chiamavano già quella
regione con un nome che nella loro lingua significa luogo orientale: l'Holm
vuole che da questa parola sia derivato il nome Siracusa che rimase alla
città, e rigetta l'opinione degli antichi, i quali credevano che la città
avesse preso nome dalla vicina palude "Syraka" che si trova presso l�Anapo.
Poco sappiamo intorno alla storia dei primi tempi di Siracusa; la città si
resse dapprima a repubblica e ben presto fondò colonie nella stessa Sicilia:
nel 664 a. C., cioè 70 anni dopo che era sorta, fondò "Acre" (Palazzolo) ed
Enna (Castrogiovanni), dopo alcun tempo "Casmene" (Scicli?), e nel 599 a. C.
"Camarina" (Scoglitti?). Pare che queste colonie rimanessero sempre
dipendenti da Siracusa, poiché Camarina fu distrutta 46 anni dopo la sua
fondazione, a causa di una rivolta (Tucidide 6,5). In Siracusa due fazioni
si contesero il potere nei tempi della repubblica: quello aristocratico dei
proprietari detto dei "Geomori", i quali discendevano dai primi coloni
fondatori della città e quello democratico detto dei "Kylli Kyrii"; pare che
il condottiero Archia abbia affidato il governo ai suoi favoriti,
trasmissibile per eredità, sotto la presidenza di un capo detto pritano,
uguale a quello di Corinto madrepatria, e che le lotte incominciate sin da
quei primi tempi dell'esistenza di Siracusa si siano inasprite sempre più. A
causa di queste discordie civili, la città cadde più tardi sotto il dominio
dello straniero; difatti nel 486 a.C. in una sommossa i Geomori dovettero e
riparare in Casmene, donde mandarono a chiedere a Gelone, tiranno di Gela:
questi, ambizioso, colse propizia per impadronirsi di Siracusa, e tosto
riuscì, mentre correva l'anno 485, ad occupare la città insieme coi
fuoriusciti. Gelone, proclamato tiranno di Siracusa, volle che questa
crescesse in potenza, e vi condusse tutti gli abitanti di Camarina e metà di
quelli di Gela: più tardi vi trasferì anche i più ricchi cittadini di Megara
e di Eubea. Poco dopo essendo sbarcati in Sicilia 300000 Cartaginesi
condotti da Amilcare, Gelone accorse contro di essi conducendo un
formidabile esercito, e vinse i nemici sotto Imera, costringendoli ad una
pace vantaggiosa ai Siracusani, e obbligandoli con giuramento a non
sacrificare mai più vittime umane a Saturno. Ritornato in Siracusa Gelone
trovò che li scoppiava una rivolta, perché si voleva un governo libero;
allora egli, radunato il popolo armato, si presento inerme a rendere ragione
del suo governo, e gettato il pallio, ai mostrò Igundo ai Siracusani,
domandando la morte se avesse operato male, e invece la tranquillità della
vita privata se ai fosse condotto bene. Ma il popolo a quelle parole, pieno
di entusiasmo, lo applaudì riconfermandolo suo signore: tanto volubili sono
le plebi! Gelone mori nel 478: negli otto anni del suo governo Siracusa si
era ingrandita estendendosi largamente fuori della "città interna" cioè di
Ortigia, nell'altipiano di Acradina, e già si poteva considerare come la
prima delle città greche in Sicilia forse la popolazione raggiunse allora il
numero di 200000 abitanti. A Gelone successe il fratello Jerone che regnò
sino al 467; questi fu più dispotico del fratello, ma seppe farsi amare per
la sua liberalità, e accolse nella sua reggia i più celebri letterati e
poeti del suo tempo: Eschilo, Pindaro, Bacchilide, Simonide, Epicarmo. Nel
476 occupò la città di "Catana", ne espulse tutti i cittadini che mandò ad
abitare in Leontini, e la ripopolò con 10000 coloni in parte Siracusani e in
parte Peloponnesiaci, cambiandole il nome di Catana in quello di Aetna. Dopo
la morte di Jerone i Catanesi lasciarono Leontini, e, nel 461, occuparono di
nuovo Catana, alla quale restituirono l'antico nome. A Jerone, morto in Etna
nel 467, successe il fratello Trasibulo, che fu l'ultimo dei Dinomenidi
regnanti in Siracusa, perché si lasciò togliere il governo dal popolo
rivoltato contro di lui In questa impresa i Siracusani furono aiutate dalle
repubbliche siceliote di Acragante, Imera, Selinunte, e di altre città, le
quali, tutte festeggiarono con esultanza l'espulsione del tiranno da
Siracusa, e posero le loro repubbliche sotto la protezione di Giove
Eleuterio (liberatore). Il governo popolare in Siracusa durò circa sessant'anni,
durante i quali la città raggiunse la sua massima potenza e ricchezza, e
poté riuscire vittoriosa dalla guerra messale dagli Ateniesi. Mentre ardeva
in Grecia la guerra del Peloponneso anche in Sicilia le città doriche e
specialmente Siracusa, Acragas, Gela, Selinos, Imera e Messana, erano ostili
colle città ioniche o calcidiche cioè a Leontini, Catana, Nasso. Nel 427
Siracusa mosse le armi sopra Leontini, la quale mandò il suo oratore Gorgia
a chiedere aiuti ad Atene. Questa, temendo che Siracusa sua rivale sul mare
e in Sicilia, crescesse ancora più in potenza, mandò contro di essa una
prima e una seconda squadra nel 424 a. C. , ma i Siracusani rinunziarono
alle ostilità contro i Joni di Sicilia, e, radunato a Gela un congresso,
ottenne una pace generale, per salvare l'isola dalla invasione degli
Ateniesi. Più tardi però, nel 415 a. C., dopo che i Selinuntini ebbero vinti
i Segestani, questi furono consigliati dai loro alleati Siracusani a
chiedere aiuto ad Atene, e l'ambizioso Alcibiade ottenne con l'aristocratico
Nicia e col valoroso condottiero Lamaco il comando di una formidabile
squadra, la quale attraversò l'Egeo e lo Ionio e approdò in Sicilia. La
spedizione ebbe termine con la sconfitta dell'armata navale ateniese nel
porto grande di Siracusa, e con la disastrosa ritirata dello esercito sul
fiume Assinaros presso Noto: 7000 Ateniesi finirono la loro vita rinchiusi
nelle celebri latomie di Siracusa: i loro condottieri Nicia e Demostene
furono uccisi. Scampato il pericolo degli Ateniesi, Siracusa si trovò ben
presto minacciata dai Cartaginesi, i quali, dopo che occuparono quasi metà
della Sicilia e distrussero Imera, Acragas e Selinos, nel 405 a.C. corsero
contro Siracusa, centro dell'ellenismo nell'isola, ma furono arrestati da
una pestilenza, della quale approfittò il giovane guerriero Dionigi per
concludere la pace con essi. In ricompensa dei servizi resi alla patria,
Dionigi fu proclamato signore di Siracusa; egli seppe restare al potere sino
al 367, anno della sua morte, e durante questo periodo seppe compiere
imprese che lo resero celebre: munì Ortigia di torri e vi edificò una
fortezza per sua dimora, fece costruire rapidamente le colossali mura di
cinta attorno all�altipiano detto oggi di Taracati, delle quali ancora oggi
si ammirano gli avanzi, fece innalzare il massiccio castello Eurialo,
rendendo inespugnabile la vasta città; inoltre fece costruire una grande
flotta per la difesa marittima contro i Cartaginesi. Dionigi fu amatissimo
delle muse e accolse alla sua corte il filosofo Platone il quale prese cura
del figlio Dionigi II. Questi nel 367, essendo morto il padre salì al trono,
ma datosi ai piaceri, ne fu rovesciato nel 356. Più tardi nel 344 i
Cartaginesi tentarono d'impadronirsi di Siracusa, ma da Corinto fu inviato
Timoleonte, il quale liberò la città dai Cartaginesi e dallo stesso Dionisio
il giovane, e fece demolire in Ortigia la fortezza di Dionisiadi. Quindi
chiamò alcuni coloni dalla Grecia per accrescere le forze della città, e
ordinò il governo della repubblica in modo che si accostasse di più alla
forma popolare che all'oligarchica. Quando poi vide assicurata la libertà di
Siracusa, rinunciò al governo e visse da privato. Timoleonte fu tenuto in
grande venerazione dai Siracusani, i quali gli resero grandi onori. La
repubblica di Timoleonte non durò più di 30 anni perché Agatcle da Imera
seppe con l'astuzia impadronirsi, del potere nel 317 a.C., e quindi fece
riedificare in Ortigia la fortezza per dimorarvi da tiranno. Agatocle doperò
mezzi inumani per liberarsi dagli oligarchi e ne fece perire più di 4000,
suscitando contro di sé l'odio e il disprezzo: venuti i Cartaginesi ad
assediare Siracusa, egli seppe eluderne la vigilanza, e partitosi con 60
navi portò guerra al nemico in Africa, ma quella spedizione ebbe misera fine
Ritornato in Sicilia, ridusse all'obbedienza molte città greche dell'isola,
sicché, nel 289 a.C. quando morì per il veleno propinatogli, Siracusa aveva
raggiunto grande potenza come al tempi di Dionisio il vecchio. Alla morte di
Agatocle la città si trovò in balia dei capi dei due partiti, e così fu
possibile che se ne impossessasse Iceta che la dominò sino al 278 e quindi
Pirro, genero di Agatocle; questi respinse i Cartaginesi riuscendo ad
occupare gran parte della Sicilia da Messana a Lilibeo; ma fu gloria di
breve durata, perché Pirro, divenuto despota e nemico, fu costretto nel 276
a lasciare 1'isola. Quindi s�impadronì della signoria di Siracusa il
generale Jerone II che regnò 60 anni, dal 275 al 216, sempre fedele alla
politica romana nella prima e nella seconda guerra punica. Durante il regno
di Jerone II la città godette una lunga pace e fu migliorata: il poeta
Teocrito compose i suoi idilli, il matematico Archimede inventò le sue
celebri macchine da guerra. Morto Jerone gli successe il nipote Jeronimo, il
quale vide inasprirsi di nuovo le lotte tra i due partiti, e cadde
assassinato a Leontini per opera di alcuni congiurati. Quindi nel 214 a. C.
prevalse il partito che favoriva i Cartaginesi, ed allora il pretore romano
Marcello pose l'assedio a Siracusa, e malgrado l'aiuto prestato dal genio di
Archimede in favore della città questa, vinta dal tradimento, cadde in
potere dei nemici, dopo due anni di assedio, nel 212, e fu da essi
saccheggiata. Archimede, mentre era assorto nei suoi calcoli di matematica
fu sorpreso da un soldato, al quale si dice che abbia detto: Noli turbare
circulos meos, ma quegli lo spense. Magnifiche opere d'arte furono
trasportate da Marcello a Roma per ornare il suo trionfo: esse contribuirono
a diffondere nel mondo romano il gusto per l'arte greca. Da quel tempo
Siracusa cadde nella condizione di città provinciale dipendente da Roma; ma
continuò ad essere la capitale incontrastata della Sicilia, e i Romani vi
mandarono a fissarvi la loro dimora un pretore per il governo dell'isola e
uno dei due questori incaricati dell’amministrazione finanziaria. Durante il
dominio dei Romani la città decadde dal suo primitivo splendore. |