Durante le guerre puniche,
Mistretta, città ellenica, resistette agli invasori romani. Per ben
due volte la città fu messa sotto assedio. Se molte altre città
siciliane, anche molto più grandi, finirono per capitolare, la
piccola Mistretta riuscì a tenere testa al poderoso esercito romano.
Nel 258 a.C., nel primo assedio, i consoli Ottacilo e Valerio non
ebbero ragione dei mistrettesi. La seconda volta, però,
i consoli sfuriarono la loro
rabbia sulle campagne circostanti, mettendole a ferro a fuoco.
Quando, la terza volta, scesero in Sicilia i consoli Attilio
Calatino e Caio Sulpizio, la Città si trovò
a corto di derrate alimentari, distrutte la volta precedente,
Mistrettà non fu più in grado di resistere. Si arresero ai romani
che promettevano di non infierire sulla città e i suoi abitanti. Una
volta arresi, i conquistatori non mantennero la promessa fatta e
Mistretta fu devastata.
Il rapporto tra Mistretta e Roma fu,
diciamo, altalenante. All’inizio la cittadina si affermò per la
grande produzione di frumento, da inviare ai romani. Essendo per lo
più grano duro, questo poteva essere stagionato in misura rilevante.
Oltre al frumento, Mistretta inviava al nuovo alleato anche uomini
esperti militari, capaci di far parte del loro esercito. Per tutto
questo, nel primo periodo, non fu sottoèposta a ingenti tasse, come
capitò, invece, a molte altre città siciliane. Di Mistretta ne
parla Cicerone nelle sue Verrine, essendo la cittadina presa di mira
dalle appropriazioni proprio del governatore Caio Verre, Il
periodo successivo, all’epoca di Cesare Augusto, vide la decadenza
dell’agglomerato dei Nebrosi. Solo in epoca imperiale, i mistrettesi
conobbero un nuovo periodo di crescita: nell’agricoltura, nella
pastorizia e nel commercio.
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