Dopo i brevi governi piemontesi e
austriaci, la Sicilia passò nelle mani di Carlo III di
Borbone. La nuova dinastia borbonica, data l’incapacità governativa,
finì per lasciare le amministrazioni locali in mano ai baroni e alla
borghesia. Quest’ultima, durante il periodo ottocentesco, operò una
specie di ristrutturazione urbanistica, con l’edificazione di nuovi
palazzi, l’ulteriore abbellimento delle chiese, ma anche l’apertura
di edifici comunali, quale la Biblioteca pubblica. Il riassetto
delle competenze e delle funzioni, riaffermò la centralità del
comune a livello culturale e operativo per tutti i centri limitrofi.
Il malgoverno borbonico e il regime poliziesco conseguente (del
periodo di Ferdinando
II) , crearono a Mistretta e in genere in tutta la
Sicilia, un malcontento tale che portò la città ad insorgere nel
periodo risorgimentale e alla seguente unificazione italiana nel
1860.
All’inizio del Novecento la cittadina siciliana, come molte altre, finito
l’abbrivio delle lotte risorgimentali, vive un periodo di apparente
solidità e benessere. I palazzi nobiliari, i circoli culturali, la
biblioteca, le fiere e le feste di paese, danno un immagine bugiarda
della realtà che da lì a poco esploderà gravissima: l’emigrazione
dei suoi abitanti. Nell’Ottocento Mistretta contava 20.000 abitanti,
oggi ne conta 5000. Le attività economiche sono col tempo diminuite
sia in numero che in importanza. Nistretta oggi vive l’ingiustizia
dei comuni montani. Mistretta è una perla artistica di cui,
lentamente ci si dimentica. Oltre la sua millenaria storia gloriosa,
oggisono presenti ben 22 chiese ancora attive e decorate con opere
d’arte di notevolissimo valore, e poi palazzi nobiliari e monumenti.
Mistretta è uno dei comuni montani che sopravvivono, quasi fossero
essi stessi una Riserva naturale. In tutta la sua bellezza va
ricordata e riscoperta.
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