I
FORMAGGI SICILIANI
Dal
latte di vacca, ovino e caprino, i massari
siciliani, già ai tempi dei greci, hanno
dato origine a mille varietà di formaggio.
Lo spirito della tradizione ci ha tramandato
alcune specialità esclusivamente siciliane,
e per questo DOP. Il sapore della
Sicilia, oggi, è a portata di tutti.
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La
Vastedda Palermitana
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Vastedda e caciocavallo hanno origini comuni nella Storia e vengono
citati entrambi in un documento del 1412. Non potrebbe essere
altrimenti, poiché hanno un processo produttivo molto simile. La
differenza è dovuta alla forma a “vastedda” che le dà il casaro (che
verrà consumato fresco), mentre il caciocavallo continua il processo
della sua lavorazione e stagionatura. Attualmente la Vastedda
Palermitana è un formaggio che rientra nell’elenco dei prodotti PAT
(prodotti agroalimentari tradizionali italiani), formulato dal
Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. E’
lavorato nella provincia di Palermo e in alcuni comuni di quella di
Trapani. La forma della Vastedda palermitana, ovoidale e piccola
(non supera il chilogrammo di peso) è simile a quella della Valle
del Belice. Il formaggio, anch’esso, si presenta bianco, compatto e
senza occhiature o vuoti. Anche la Vastedda palermitana ha un gusto
fresco con toni lievemente aciduli.
A differenza della
Vastedda della Valle del Belice (prodotta con latte di pecora, la
Vastedda palermitana è ottenuta da latte vacchino (come il
caciocavallo). Il latte è, comunque, intero e crudo. Il pascolo
delle mucche varia, anche dalla stagione foraggera.
La lavorazione tradizionale
Le metodologie di lavorazione della Vastedda seguono un processo
tradizionale, che suddivide la produzione del formaggio in diverse
fasi. La prima
fase, comune a tutti i formaggi, è quella della cagliata. In in una
tinozza di legno, il latte di vacca viene fatto cagliare con caglio
in pasta di agnello o capretto, a temperatura vicino ai 35°C. La
necessità successiva è quella di far spurgare la pasta ottenuta.
Prima viene messa in un cesto (detto cisca).
Cotta nuovamente per circa quattro ore, la pasta viene pressata
sulla cannata (un
graticcio di canne). A pressatura ultimata, la pasta del formaggio
si appende ad un bastone (l’appizzatuma), dove viene ultimato
lo spurgo. Con la modellazione del formaggio (ovoidale) fatta
interamente a mano, la pasta (prima tagliata nella singola quantità)
ottiene la forma classica della Vastedda. Poi le singole forme
vengono depositate ad asciugare su un tavolo di legno. Il giorno
successivo le forme ottengono la salatura, in una salamoia, per un
tempo che varia da 2 a 4 ore. La Vastedda palermitana viene
fatta asciugare per altre 48 ore, indi, è pronta, come formaggio
fresco, per il consumo degli estimatori.
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