Nelle suggestive celebrazioni religiose che si svolgono in Sicilia
nel corso della Settimana Santa si possono rileggere le mistiche
atmosfere barocche tramandate dall’età spagnola, i cui rituali si sono
integrati profondamente nella intensa religiosità dei siciliani. Basta
soffermarsi sulle manifestazioni delle confraternite, corporazioni di
arti e mestieri costituite, con norme precise e molti privilegi , come
organizzazioni religiose. Contribuivano, in un certo senso, a fornire
servizi alla comunità locale, occupandosi dei consoci più poveri,
assistendo gli ammalati, confortando i moribondi. In ogni paese della
Sicilia ve ne sono ancora oggi; naturalmente, il loro esercizio è di
gran lunga mutato, sia per l’estinguersi di intere categorie lavorative,
sia per l’esiguo numero dei confrati e i pochi edifici religiosi ancora
attivi. Ciò che porta talora alla fusione dei gruppi religiosi e
all’uniformarsi dei loro costumi tradizionali. Tuttavia, con i riti
pasquali, le confraternite più antiche, che conservano gli antichi
cerimoniali, tornano a celebrare la passione di Cristo, facendoci
balzare indietro di centinaia d’anni.
Nella giornata del
Mercoledì Santo a Caltanissetta si svolge la “Real Maestranza”. Il
titolo di “Reale” fu concesso nel 1806 da Ferdinando IV di Borbone,
impressionato dall’imponenza di questo corteo secentesco, che
dall’antico collegio dei gesuiti volge verso la Cattedrale. Le bandiere
delle varie maestranze, cioè le diverse categorie di artigiani della
città, sfilano avvolte e abbrunite. Anche il crocifisso è velato di
nero, segno della penitenza quaresimale. In Cattedrale, dove è
solennemente esposta la divina eucaristia, testimonianza della
redenzione dal peccato, le bandiere vengono disvelate e le maestranze
mutano tutti gli accessori neri dei loro costumi (calze, guanti,
fiocchi) con altrettanti accessori bianchi. Poi la comunità laica dei
ceti artigiani si unisce al vescovo e ai sacerdoti, dando inizio alla
solenne processione, lungo il corso principale, segno di una unità
civica e religiosa.
Della ricca ritualità del Giovedì Santo, che
comprendeva riti apotropaici, flagellazioni penitenziali e processioni
di ragazzini e di pie donne, oggi rimangono solo la Lavanda dei piedi e
la visita ai Sepolcri. La Lavanda ricorda l’Ultima Cena. Ad Augusta fino
agli anni sessanta dodici anziani, fra i poveri della città,
impersonificavano gli apostoli: venivano curati, rivestiti di una
tunica, sfamati. Oggi questo ruolo spetta ai ragazzi che ricevono una
mezzaluna di pane glassato di zucchero, "u cavaddu d’Apostuli" che in
altre parti della Sicilia è un pane dolce coperto di sesamo. Ad Augusta,
come in molti altri centri siciliani, troviamo i "Babbalucchi" ,
confrati che vestono un abito penitenziale di foggia spagnola e portano
il capo e il volto coperto da un cappuccio e a volte bastoni con
lampioni di carta, prerogativa di alcuni confrati. Una particolarità è
che le "varette", che essi scortano in processione, non rappresentano,
come altrove, scene della Passione, ma i Santi protettori delle stesse
Confraternite.
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