Gli israeliti la chiamavano Pesach, che significa
passaggio. Essi festeggiavano in quella giornata il ritorno della
primavera e quella prima luna piena era legata ad un tale dio
lunare, così che alla crescita della luna ci si auspicava una
maggiore prolificazione delle greggi. Ma quanti altri significati
dietro la “Pasqua”: la liberazione degli Ebrei dalla schiavitù, il
“passare oltre” della tradizione biblica a commemorazione del Dio
d’Israele che nella notte fra il 14 e 1 5 del mese di Abib, quella
dell’uccisione dei primogeniti, risparmiò proprio i bambini ebrei.
Taluni critici ritengono che il racconto biblico celi
l’interpretazione della festa più antica d’Israele e il parallelismo
fra i primogeniti uccisi e l’uccisione del primogenito del gregge
(capro espiatorio) risulta evidente; il moltiplicarsi delle pecore
fa ancora una volta risultare evidente il solito contrapporsi della
vita sulla morte. La festa durava sette giorni, imponeva il
riposo nel primo e nell’ultimo giorno, celebrazioni nel tempio di
Gerusalemme dove si svolgevano per tutta la sua durata solenni
pellegrinaggi. Il cibo era anch’esso prestabilito: pane azzimo e
primizie agricole offerte il 16 di Nisan sotto forma di un fascio di
spighe, infine, immancabilmente, l’agnello. Il tutto legato, come
si diceva all’inizio, al simbolismo stagionale della luna piena,
equinozi e solstizi che rappresentavano nella coscienza mitica, ma
non solo in quella, i momenti cruciali dell’alternarsi fra la luce e
il buio dove l’equinozio di primavera segna il prevalere della luce
sull’ombra, retaggio dell’inverno, simbolo della morte; da quel
momento ci si avvia così verso il tepore della rinascita;dunque ecco
la Pesach o Pesacii, ecco finalmente il “passaggio”.
Successivamente, a partire dal II secolo dopo Cristo, la
celebrazione cristiana della Pasqua integra e quasi si contrappone a
quella ebraica diventando la più solenne fra le feste cristiane e
regolando tra l’altro, buona parte dell’anno liturgico. Così, il
lungo periodo che inizia con la Quaresima e finisce con la
resurrezione di Cristo ci fa ancora ricordare quella concezione
preclassica che è soprattutto l’avvicendamento vita-morte per nulla
superata dall’incalzare degli anni. Sembra inoltre evidente, come
la Chiesa intese continuare l’omonima solennità giudaica
imprimendole però un certo significato autonomo. Non mancano però
i contrasti, in Oriente probabilmente dovuto ad una falsa etimologia
della parola, attribuita alla derivazione greca che tradotta
significa patire. Ne consegue una interpretazione pessimistica della
Pasqua, tanto che ancora oggi in Grecia si vuole chiamare il Venerdì
Santo: Pasqua della crocifissione. In Occidente invece, è
diverso; piace sottolineare come il concetto dominante di Pasqua sia
il primo, sicuramente più bello e più ottimista rispetto a quello
orientale; infatti nel 325 d.C., il concilio di Nicea decise, nel
pieno rispetto della tradizione ebraica, di far cadere la Pasqua
nella domenica che segue il primo plenilunio di primavera. Le
feste pasquali vere e proprie, raggiungono il loro culmine con
l’arrivo della Settimana Santa la quale si porta dietro un numero
abbastanza elevato di celebrazioni più o meno religiose. In ogni
caso il fatto però, non di poca importanza, resta quello che la
Pasqua, rappresenta per il mondo intero la ricorrenza più
importante, sia per il suo significato cristiano legato al concetto
della resurrezione di Cristo, sia per le accennate radici non
propriamente cristiane che fanno di siffatta ricorrenza un curioso
miscuglio fra religione e simbolismi, talvolta complicati per una
profonda e corretta interpretazione; per non parlare infine della
lungaggine relativa a tutto il periodo di preparazione alla
Settimana Santa più propriamente identificato con il termine di
“Quaresima”. All’indomani dell’ultimo giorno di carnevale, inizia
con il mercoledì delle Ceneri il lungo periodo quaresimale che ha
praticamente termine alla mezzanotte di Sabato Santo. Pasqua e
Carnevale risultano strettamente legate fra di loro, oltre che
separate sempre dallo stesso numero di giorni, il carnevale lo si
stabilisce infatti mediante il calcolo a ritroso a partire dalla
prima luna piena di primavera.
Sembra che l’usanza di trascorrere il periodo, appunto, quaresimale,
risalga al quarto secolo d.C. I 40 giorni di cui consta, non sono
stati sempre tanti, come neanche il numero 40 è dettato dalla
casualità: sono infatti stati 40 i giorni in cui Cristo digiunò nel
deserto, furono 40 i giorni del viaggio dell’apocalittico profeta
Elia partito dal monte Carmelo per annunciare la punizione per
l’idolatria al volere di Yahweh; 40 i giorni del diluvio universale
e del digiuno di Mosè. Racconti biblici a parte, non mancano le
storie da leggenda, quasi a voler fare del tutto un po’ un gioco,
un’ennesima dimostrazione di un certo carisma in cui era avvolto
tutto questo periodo, così la battaglia fra Caréme e Charmage,
leggenda francese del 1200 ne è un esempio. I personaggi
principali sono ovviamente i due cavalieri: il primo molto amico di
abati e sacerdoti, l’altro ammirato e onorato dal popolo. Il
terzo personaggio sicuramente più conosciuto dei due, ma non
certamente principale della storia anche se causa della cavalleresca
vicenda è nientemeno Luigi IX, reo, si fa per dire, di aver ospitato
a corte in occasione della festa della Pentecoste e per un intero
anno il non molto amato dal popolo, Caréme. Le reazione
dell’invidioso Charmage fu prevedibile, considerando i tempi, e la
sfida a duello, scontata. Nel giorno e nell’ora prefissata,
quest’ultimo arrivò a cavallo di un cervo dalle corna lunghissime e
zeppe di allodole, sulla testa l’elmo fatto di pelle di cinghiale
sormontato da un pavone. Dalla sua, Caréme venne armato di una
sogliola che fungeva da spada, castagne, frutta secca da tirare
all’avversario mentre intanto avanzava a cavallo di un pesce, e per
difendersi, una ruota di formaggio a mò di scudo. Sulle prime
della battaglia fu Charmage ad avere il sopravvento, ma ben presto,
grazie all’aiuto di un esercito di gamberi, anguille e lucci, la
situazione si capovolse a favore di Caréme. Durò poco il suo
vantaggio; arrivò infatti, in favore del primo: un bue, una gru,
un’aquila, un airone, preziosi alleati che costrinsero Caréme alla
ritirata. Era ormai guerra fra i due, e quando Caréme tentò una
controffensiva, sopraggiunse Re Natale, grosso alleato di Charmage
che costrinse il suo povero rivale alla definitiva resa e ai
conseguenziali soliti patti del perdente. Le invidie di Charmage
furono così placate considerando che Caréme da quel momento poteva
essere ospitato a corte da Luigi IX soltanto per 40 giorni l’anno.
Facili le analogie del racconto da cui emergono simbolismi che
sembrano non finire mai. Così la Quaresima fu anche un gioco
visto che faceva vivere alle genti un periodo tutto sommato atteso
per le occasioni diciamo “d’incontro” che esso offriva e di cui si
avrà modo di parlare. Ancora ai nostri giorni, risulta
praticamente inosservato o inesistente (dipende dai punti di vista),
del resto i tempi cambiano.
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