Il potere in Sicilia fu sempre esercitato autonomamente, anche se, in
linea teorica, esso dipendeva dagli
Aghlabidi prima e poi dagli
Fatimidi, nei primi anni del X secolo. Quando questi si trasferirono in
Egitto, la conduzione della Sicilia fu affidata ai loro fedeli emissari
Kalbiti. Nella capitale, Palermo, risiedeva l’Emiro, che dirigeva
l'esercito, l'amministrazione, la giustizia e poteva battere moneta. In più
poteva nominare i governatori delle città più grandi, i principali giudici (qādī)
e gli arbitri per dirimere le controversie fra privati (hakam). Le
etnie presenti nell’isola erano quella araba, quella berbera e quella
persiana, raramente turca, di provenienza centro-asiatica.
Per amministrare la Sicilia, gli arabi la divisero in tre zone dette
“valli”: la Val di Mazara, che
comprendeva la zona occidentale; la Val Dèmone (dall’antica città di Dèmena)
che comprendeva la zona
nordorientale e la Val di Noto, che comprendeva la zona sud-orientale.
Queste erano governate da kadì (in dialetto «gaìti»), che sottostavano
all’emiro che soggiornava a Palermo. Proprio per essere il capoluogo
siciliano, la città conobbe, in questo periodo, un grande sviluppo,
raggiungendo una popolazione più grande di trecentomila abitanti. Sempre
a causa dell’amministrazione della Sicilia, i siciliani vennero divisi in
classi di diversa tipologia:
indipendente, che conservava i vecchi ordinamenti;
tributaria, che pagava la «gezia»;
vassalla, o «dsimmi»
assoggettata dalla conquista;
servi della gleba o «memluk»,
legati ai latifondi che coltivavano.
Nonostante quello che si può pensare, i musulmani in Sicilia non
perseguirono i cristiani, né tentarono di islamizzarli direttamente. Ai
siciliani applicarono lo statuto giuridico della dhimma, consentendo
loro, in ogni caso, il culto in
forma privata e nelle chiese già esistenti. Essi si insediarono
stabilmente in Sicilia, sostenuti, soprattutto, da una consistente
immigrazione dal Nord Africa e da una certa opera di islamizzazione delle
popolazioni, per lo più nella zona occidentale dell'isola. Questa
islamizzazione non cancellò, comunque, come detto, nè l'elemento
greco-latino, che rimase prevalente, né l’importante peso delle comunità
ebraiche, (che lasciarono l'isola per deliberazione spagnola, molti secoli
dopo).
La loro cultura ha lasciato nello spirito dei
siciliani importanti tracce. In questo periodo nascono le leggende
plutoniche (i tesori nascosti detti «truvature»), e l’apparizione della
“maschera” tradizionale di Giufà. |