Il
Castello di Pietrarossa
Delle origini del castello di
Pietrarossa
si sa
poco. Alcuni storici lo fanno risalire all’alto medioevo (IX
secolo), mentre altri suppongono che l’origine vada cercata,
addirittura, nel periodo dei Sicani. Durante iol basso medioevo,
diversi furono gli onori tributati alla città ed il suo castello.
Nel XI secolo, infatti, vi fu sepolta la
regina Adelasia, nipote del re Ruggero il
Normanno. Nel 1378, come già narrato, al suo interno si tenne la
riunione dei baroni che portò alla fondazione del Governo dei
Quattro Vicàri.
La sua grande importanza militare cessò
nel 1567, quando un forte terremoto coinvolse la città, facendolo
crollare in rovina. Non fu più ricostruito. Oggi dell’intero
complesso sono visibili solo due delle sue torri.
Il
Palazzo del Carmine
Nel 1371 fu edificato il palazzo oggi
denominato “del Carmine”. Esso si trovava fuori dalle mura della
città, accanto ad una piccola chiesa dedicata a San Giacomo. Il
complesso fu trasformato in convento dei Carmelitani scalzi, su
decisione di Guglielmo Peralta e di sua moglie Eleonora d'Aragona,
figlia del marchese di Randazzo. Al convento fu aggiunta la chiesa
della Maria Santissima Annunziata,
chiamata Madonna del Carmine.
Con la crescita dell’edificato di
Caltanissetta, il palazzo del Carmine fu inglobato nelle costruzioni
del centro storico, affiancato da due chiese:
quella di San Giacomo
e quella di San Paolino.
Nell’Ottocento, a causa della
cancellazione in Sicilia degli ordini religiosi, fu confiscato e
divenne palazzo comunale. Secondo l’”allegra” urbanistica di quel
secolo, le due chiese limitrofe furono abbattute. Al loro posto
sorse il Teatro comunale (il Teatro
regina Margherita). Oggi è sede
Municipale. Negli ultimi due secoli, l’edificio medievale è
lentamente si è trasformato, tanto che dell’originario rimane forse
qualcosa solo nel cortile centrale.
Il
Palazzo Moncada
Il palazzo Moncada detto anche Bauffremont,
nacque a metà del Seicento, per volontà del Conte Guglielmo Moncada.
Nominato Viceré di Valenza,
si trasferì in Spagna, lasciando
l’edificio incompleto. Tuttavia, rimase di proprietà della famiglia
dei MOncada fino al XX secolo. Acquisito nel 1915 dalla Principessa
Maria Giovanna di Bauffremont, fu trasformato da abitazione in luogo
per rappresentazioni teatrali.
Per
fare ciò, fu realizzata una vasta sala con galleria, il tutto in
stile liberty.
All’epoca della sua realizzazione,
l’edificio risultava uno dei più grandi e pregevoli dell’intera
Sicilia (vi erano balconi sorretti da mensole scolpite con figure
antropomorfe e zoomorfe.
Il palazzo, divenuto proprietà della
famiglia Trigona della Floresta, nel 1938, da teatro si è evoluto in
cinema, col nome di Cineteatro
Trieste. Attualmente
il suo uso non è stato modificato. E’ cambiato solo il nome: da
Cineteatro Bauffremont
a Multisala Moncada.
Con l’apertura di diversi ambienti e sale
del Palazzo Moncada, si sono aggiunti spazi per mostre e
performances. In altre collocazioni, sono situate due mostre
permanenti: una sulla famiglia dei Moncada, l’altra sullo scultore
nisseno Michele Tripisciano.
Palazzo Benintende
Sito in Corso Vittorio Emanuele,
Palazzo Benintende ha avuto l’onore di ospitare il generale Giuseppe
Garibaldi, nel 1862. Progettato e costruito nell’Ottocento
dall'architetto Giuseppe Di Bartolo,
presenta un’interessante contaminazione tra stili diversi, nelle
colonne sul prospetto principale, dal dorico allo ionico, oltre a
lesene, medaglioni.
Palazzo Provinciale
Lo stesso architetto Giuseppe di
Bartolo si impegnò nella realizzazione anche di questo palazzo.
Iniziato nella prima metà dell’Ottocento, doveva ospitare sia gli
uffici della provincia che quelli comunali. Il progetto si presentò
pesante e copmplesso. Sta di fatto che nel 1870 l’edificio non era
ultimato. Fu così che l’ingegnere Agostino Tacchini per ultimarlo,
stralciò le funzioni municipali, lasciando solo quelle provinciali.
La
realizzazione del complesso edificio richiese la partecipazione di
diversi professionisti: il nisseno Luigi Greco (lo scalone
principale e l'aula consiliare), il nisseno Michele Tripisciano (le
sculture) e il catanese Pasquale Sozzi (le decorazioni interne).
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