Conclusasi la fase della conquista della Sicilia da parte dei
guerrieri normanni, iniziò la fase del regno normanno, proclamata
nel 1130.
Artisticamente, anche durante il periodo della dominazione araba, il
gusto iconografico era rimasto collegato ai bizantini, alla
tradizione del monachesimo siriaco e del microasiatico, e con
riferimenti anche alle raffigurazioni contenute nei semplici codici
miniati del periodo. Se ne trovano in giro per la Sicilia piccoli
esempi, anche in chiesette sparse quì o là. Con la dominazione
normanna, oramai al potere, come dicevamo, la concezione dello stato
monarchico e la politica culturale ad essa collegata, al livello di
vera e propria propaganda, portarono al concepimento e alla
realizzazione di opere realmente significative e maestose.
Attraverso esse si dava prova di magnificenza sia ai
contemporanei che alla storia stessa. La nuova geopolitica
normanna trovava collegamenti con i due imperi d’Oriente (con il
quale intercorrevano intensi scambi) e d’Occidente e con lo stesso
Papato. I riferimenti artistici puntavano, quindi, direttamente, a
livello decorativo, verso il centro in quel momento più eclatante e
culturalmente più vicino, cioè alla Cattedrale di
Santa Sofia a
Costantinopoli, ai suoi mosaici e ai suoi mosaicisti.
La nuova volontà e la nuova ispirazione artistica interessò, oltre
ai palazzi costruiti come loro dimora (ad esempio La Reggia dei
Normanni), le chiese della capitale
Palermo
e dei dintorni.
Ruggero II
e
Guglielmo II,
ma anche alti dignitari della corte, come
Giorgio d'Antiochia,
sparsero in questi luoghi capitali tali da abbellirli, ma anche da
edificarli ex novo (Monreale ne è un esempio). L’antico
riferimento delle chiese siciliane ai mosaici di Santa Sofia, è
stato confermato dal ritrovamento dei mosaici originari della stessa
cattedrale di Costantinopoli. Ma è negli edifici normanni che
l’influsso trova tutta la sua forza: nei mosaici della
Cappella Palatina
(sulla cupola e sul presbiterio) e in quelli che abbelliscono la
chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio di
Palermo;
in quelli che decorano l’abside della cattedrale di
Cefalù,
e in quelli, successivi, dell’abside del duomo di
Monreale;
e in quelli (più tardi) della “Sala di Re Ruggero” nel palazzo dei
normanni.
Nel periodo che va dall’inizio della Cappella
Palatina al Duomo di Monreale (realizzata fra il 1180 e il 1190) si
può registrare, pur nei temi similari (quelli, ad esempio, tratti
dal Vecchio Testamento), un’evoluzione storica nell’ottica
artistica. Sostanzialmente questi progressi pur non dipendendo da un
mutamento dell’ispirazione, segnano il trascorrere del tempo. Il
rapporto tra le composizioni locali, passa attraverso quello
geografico con l’Oriente. Nell’impero bizantino, che comprende anche
zone decentrate (come
Macedonia,
Bulgaria,
Cappadocia,
ecc.), si registra, effettivamente, un andamento dei segni
stilistici del tutto analoghi. Va ricordato l’intenso scambio di
manovalanze bizantine in
Sicilia,
collegate al giro della cultura proprio dell’età tardo- commena.
Nei mosaici e nell’architettura di Monreale si sente, inoltre, il
declino degli influssi orientali (arabi e bizantini), e la crescita
dei riferimenti a forme campane e continentali, che si denunciano,
non solo nell’architettura di tipo latina, ma anche nella sfarzosa
ornamentazione coloristica (negli archi intrecciati, dischi
colorati, porte di bronzo e nei
suppellettili liturgici). Tutto questo è suffragato, anche,
dalla presenza, nella corte palermitana, di uomini di spicco, come
Romualdo Salernitano e
Matteo Aiello, di formazione tipica dell’Italia meridionale.
|