Se le scene del ciclo delle “feste”, nella
coeva chiesa dell’Ammiraglio di Palermo, sono ridotte a quattro, a
causa delle dimensioni dell’edificio sacro, nella Cappella Palatina
vengono rappresentate nella loro interezza di dodici: Annunciazione,
Natività e Adorazione dei Magi, Sogno di Giuseppe e Fuga in
Egitto, Presentazione al Tempio,
Battesimo, Trasfigurazione, Resurrezione di Lazzaro, Ingresso a
Gerusalemme, Ascensione e Pentecoste.
Fra esse mancano le scene relative alla Passione di Cristo, perché,
secondo alcuni storici, si volle dare maggiore importanza alla
natura ultraterrena del Cristo (e non umana) e al trionfo divino
nell’eternità. Altri storici, invece, hanno rilevato
nell’organizzazione planimetrica delle decorazioni della Cappella,
delle anomalie. Si pensa che il ciclo della Passione era previsto
nella zona dove fu poi situata la tribuna per il soglio reale. Lo
dimostrerebbero il decentramento di alcune raffigurazioni sulla
destra rispetto all’asse della Cappella (queste, in tal modo
asimmetriche, potevano, infatti, vedersi meglio dal soglio).
E’ stato rilevato all’interno della Cappella
Palatina un duplice binario sul piano religioso e sul piano
politico. I riferimenti e i sottintesi arricchiscono i significati
di questo sapore politico-religioso. Tuttavia, e non poteva essere
altrimenti, il significato liturgico delle raffigurazioni mantiene
la fissità dello schema tradizionale (nella Cappella come nella
chiesetta della Martorana e nella
cattedrale di
Cefalù). In questa fase storica il
complesso dei mosaici è organizzato dall’alto verso il basso. Si
inizia dal punto più alto, la cupola, con il Cristo Pantocratore,
attorniato dagli angeli (rappresentazione della Chiesa celeste). In
una seconda fascia si passa ai discepoli, gli evangelisti e i
profeti. Fino ad arrivare alla Chiesa terrestre, con i Santi, i
padri della chiesa, papi e vescovi. Questo rapporto altimetrico
delle immagini rappresenta lo schema liturgico e ideologico della
Chiesa di allora: da esso non si deroga.
Questo ordinamento
iconografico ha le sue radici nella
Nea,
la “nuova chiesa”
fondata da da Basilio I
nella seconda metà del IX secolo.
Abbiamo notizie di questa “rivoluzione” dal patriarca Fozio in uno
dei suoi “Sermoni”.
I mosaici che ornavano la chiesa dei SS. Apostoli, rappresentavano
il nuovo ordinamento, purtroppo perduti (ce ne parlano Costantino
Rodio e Nicola Mesarite). I mosaici della chiesa di San Luca nella
Focide sono quelli più rappresentativi di questa “nuova
chiesa” (risalenti alla prima metà del
secolo IX). Poiché nella decorazione musiva del tipo siciliano si
trovano anche influssi dei modelli classici, gli storici individuano
il prototipo ad essa più vicina nei mosaici della chiesa della
Dormizione a
Daphni nell’Attica,
sempre risalente all’inizio del IX secolo.
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