Nonostante il nome, il ficodindia venne importato dalle Americhe
nord-occidentali (le famose “indie” di Colombo) verso la fine
del XVI secolo.
La pianta dell’Opuntia
ficus-indica era originaria del Messico. Da qui si diffuse anche
verso il sud America. Nel periodo Atzeco veniva considerata sacra.
La sua importanza era tale che rientrava negli scambi tra
popolazioni. Essa viene citata
nel
Codice Mendoza. Da questo sappiamo che il frutto veniva scambiato
unitamente a
pelli di ocelot e
di giaguaro. Sempre da esso si estraevano coloranti come il prezioso
carminio.
Con la scoperta dell’America da parte di Cristoforo
Colombo, il Vecchio e Nuovo Mondo entrarono in contatto. Alcuni
suppongono che già nel primo ritorno di Colombo, egli portò la nuova
pianta. Era a Lisbona nel 1493. Ciononostante la prima sua citazione
e descrizione si deve allo spagnolo Gonzalo Fernández de Oviedo y
Valdés nel suo scritto, del 1535, Historia general y
natural de las Indias. Molto più tardi il
botanico Linneo,
nel suo Species Plantarum, del 1753, individuò due
specie diverse: il Cactus opuntia e il C. ficus-indica.
Con Miller, pochi anni dopo, nel 1768, il ficodindia trovò la
denominazione della specie, quale Opuntia ficus-indica,
che è rimasta
invariata fino ad oggi.
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