La città di Adrano, a causa dei continui saccheggi, avvenuti
anche in periodo bizantino, visse un momento di decadenza. Con
l’arrivo dell'Emiro Musa, d’origine saracena, nel 950, più che le
opere militari, come la costruzione della fortezza "Salem", i
numerosi casali fondati e l’abbondante messa a coltura dei terreni
portarono alla rinascita dell’antico abitato. Tra i casali il più
importante vi era quello di Bulichiel. L’abitato in periodo saraceno
prese il nome di Adarnu o Adarna. Quando nel 1075 il normanno
Ugo di Jersey mise sotto assedio il casale di Bulichiel, nono stante
una strenua difesa, il comandante arabo Caid Albucazar fu costretto
a capitolare e arrendersi al generale cristiano. Adrano divenne
parte della diocesi di Catania, retta dal vescovo Ansgerio. La
buona base economica diede, anche sotto i normanni, buoni frutti. Si
sviluppò, oltre all’agricoltura, un discreto artigianato, la
produzione e l’arte della seta e la lavorazione delle pelli.
Se durante il periodo normanno convivevano ad Adrano persone di
origine greca, saracena e normanna, durante la successiva epoca
sveva gli abitanti di religione araba vennero prescritti. Alcuni
finirono per fortificarsi con l’aiuto di Mirabetto (Ibn ῾Abbād). Fu,
comunque, un periodo alquanto controverso di grandi lotte intestine.
Ovviamente, le cose non migliorarono con l’arrivo degli angioini,
tanto che la città passò da mille abitanti a soli trecento. Con la
scomunica (1258) e la morte di Corradino a Napoli, Adrano divenne
feudo della famiglia Maletta.
Sotto la dominazione aragonese,
il feudo di Adrano passò al cavaliere Garzia De Linguida, d’origine
catalana. Nel 1286, il feudatario divenne Luca Pellegrino, che era
un semplice funzionario governativo del Re Giacomo. La figlia
Margherita andò sposa al palermitano. Antonio Sclafani. Il feudo
passò al figlio Matteo. In sua assenza Adrano venne presa da Roberto
d'Angiò. Il conte Matteo Sclafani morì nel 1354, senza poter
recuperare le sue proprietà e la cosa scatenò una piccola guerra di
successione. Alla fine se ne impadronì Giovanni Raimondo, nipote di
Antonio Moncada.
La famiglia dei Moncada governò Adrano dal 1412 al
1515. Ristrutturarono il castello ed edificarono la chiesa di S.
Sebastiano e diversi palazzi nobiliari nel centro storico. Così
fecero pure i Ventimiglia, uno dei quali è divenuto nel Novecento
sede municipale. Venne costituendosi tutta la classe amministrativa
di Adrano, spinti soprattutto dall’aumento prepotente della
popolazione, che aumentò fino ai seimila abitanti.
Dopo il
dominio piemontese e austriaco, la Sicilia venne governata dai
Borboni. Nonostante una piccola ripresa economica, le classi più
agiate, durante l’Ottocento, tentarono più volte in Sicilia sommosse
antiborboniche: nel 1820 e durante i famosi moti del ’48. Il
successo, come noto, arrise con la spedizione garibaldina e la
successiva Unità d’Italia. Le classi più povere non videro cambiare
di molto la loro situazione economica: la tanto agognata riforma
agricola non si realizzò, né con Garibaldi nè con Vittorio Emanuele
II. Anche ad Adramo vi furono episodi collegati al brigantaggio,
anche se la città conobbe un buon periodo di ripresa economica.
Vennero realizzati, ciononostante, primi lavori di modernizzazione:
un impianto di illuminazione pubblica, l’apertura del primo liceo,
l’inaugurazione dell'ospedale, o la costituzione di una centrale
telegrafica ed elettrica Nei primi decenni del Novecento Adrano
conobbe, oltre al fascismo, anche le contrastanti idee socialiste e
il riformismo cattolico. Tra le personalità di spicco di queste
ultime, va ricordato sia Don Vincenzo Bascetta che il professor
Carmelo Salanitro (morto in un campo di concentramento.
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