Studi recenti hanno confermato che il ficodindia proviene dal
Messico centrale e poi si diffuse in tutto il Mesoamerica,
comprensivo anche delle isole dei Caraibi, in particolare Cuba e
Hispaniola, dove Colombo la conobbe. Nonostante non vi siano prove
bibliografiche sulla diffusione della pianta in sud America, si
ritiene che il carminio, che si estrae dalla pianta, fosse già
conosciuto dagli Incas, e, quindi, anche la
coltivazione della Opuntia.
Data la facilità della pianta di attecchire in zone calde, il
ficodindia si diffuse velocemente nel Mediterraneo. Oltre agli
uccelli, probabilmente, facilitarono la diffusione le navi che qui
commerciavano. Il ficodindia era trasportato in esse per evitare
carenze di vitamina C dell’equipaggio. La particolare
concentrazione in Sicilia e Malta, oltre a trasformare il ficodindia
in un elemento proprio del paesaggio, anche in un frutto che, perla
sua tipicità, ne è divenuto quasi il simbolo stesso.
La
pianta del ficodindia ha avuto un espansione anche in Asia (India e
Ceylon), Africa (Sudafrica, Madagascar, Réunion e Mauritius) ed
Australia. Spesso la pianta ha creato problemi proprio per la sua
eccessiva diffusione, una vera e propria infestante. Per bloccare
queste eccessive espansioni si è fatto ricorso, oltre che a
diserbanti, anche ad insetti fitofagi. Una vera e propria guerra
biologica. Per questa caratteristica (d’essere una pianta
infestante), che sostituisce le piante autoctone e modifica il
paesaggio, ha fatto si che alcune regioni italiane ne hanno vietato
il trapianto, come la Toscana con legge regionale (anche per il
rinverdimento, la riforestazione ed il consolidamento dei
terreni). Il
ficodindia, attualmente è presente nelle regioni: Sicilia, Calabria,
Puglia e Sardegna.
La produzione del ficodindia si svolge,
attualmente, nel mondo in molte regioni e Stati, quali: Nord Africa,
Tunisia, Medio Oriente, Turchia, Messico, Stati uniti, Cile, Brasile
e Sudafrica.
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