Il
piccolo comune di San Pier
Niceto ha un breve affaccio sulla costa tirrenica della provincia di
Messina (con le frazioni di San Pier Marina e S. Biagio).
Oggi è un comune autonomo, ma, una volta, era
una frazione di
Monforte San Giorgio (che si trova più a sud, sui Peloritani), con la
denominazione di San Pietro di Monforte. Il nome attuale è
derivato da quello della fiumara di Niceto e della sua Valle., in
cui esso è posto. Come molti dei paesi siciliani,
San Pier Niceto ha
sofferto nel passato di una forte emigrazione. All’inizio del
Novecento verso l’America, sia settentrionale che meridionale (molti
in Venezuela), poi, nel secondo dopoguerra, il flusso ha interessato
l’Europa e l’Italia del nord. Oggi molte famiglie hanno spostato la
propria residenza in comuni maggiori della provincia, come Milazzo,
Barcellona e, naturalmente, Messina. Attualmente il comune conta
circa 3.000 abitanti. La popolazione, molto devota, svolge varie
tradizionali feste religiose. Tra queste si
distingue quella
del
Corpus Domini, caratterizzata dall'"infiorata". In quel
giorno le strade più importanti, vengono addobbate con
raffigurazioni religiose, ottenute con i fiori. Una decorazione del
paese interessante, curiosa e molto bella.
Procedendo dalla
costa ai monti
Peloritani, sempre risalendo la Valle del Niceto, si incontra il
paese di Monforte San
Giorgio (260 metri s.l.m.),
appena più piccolo di quello di San Pier Niceto (2800 abitanti
circa). La sua popolazione è impiegata, soprattutto, nel settore
agricolo. Esso si caratterizza, oltre che di agrumeti ed uliveti, in
particolar modo, per la coltivazione della
sbergia, una varietà di pesca rara, che presenta una buccia liscia, ma,
soprattutto, un gusto caratteristico.
Cenni storici
Gli
archeologi, nelle loro ricerche nel comune di Monforte, hanno
ritrovato, in
contrada Pistarina, resti dell’originaria popolazione dei Sicani
(1.500 a. C., prima età del bronzo). In epoca greca e poi
romana, sorsero centri abitativi sparsi, ma sempre all’interno della
Valle del Niceto, che gli studiosi ritengono di grande importanza
storica. In quest’area, infatti, si sono ritrovati, sia una
necropoli di età greca, sia un tesoretto di monete risalenti al V
secolo a.C. Sempre nella valle, molti archeologi e storici
ipotizzano la presenza dell’abitato della fantomatica Artemisio,
corredato da un tempio dedicato a Diana Facellina.
Con il
problema iconoclastico, sorto in epoca bizantina, si definirono,
ovviamente, due fazioni. Molti monaci basiliani contrari (devoti a
San Basilio da Cesarea), a causa delle lotte, lasciarono l’Oriente,
insediandosi nella zona del fiume Niceto. Essi inizialmente
abitarono nelle vecchie grotte utilizzate come necropoli dai Sicani,
per poi dare vita a due piccoli paesi. Con l’avvicinarsi della
minaccia musulmana, i monaci edificarono un castello per la difesa,
sul colle dove ora è posta Monforte. Questo castello formava, in
quell’epoca, un quadrilatero con quelli di Taormina, del Monte
Scuderi e della vicina Rometta. Proprio quest’ultimo fu l’ultimo
fortilizio cristiano in Sicilia a cadere in mano agli arabi, nel
965. Lo storico Michele Amari non parla di Monforte, ma di Demona,
famoso per la strenue difesa contro i Saraceni. La Sicilia araba
cedette il passo a quella normanna, nel 1051. Conquistata Rometta,
una spedizione normanna, guidata dai
conti Ruggero e Roberto di Altavilla, liberò Monforte.
Grande fu l’entusiasmo popolare che li accolse. Questo momento
felice della Storia rivive tutt’oggi nella festa di S. Agata,
detta Katabba, durante la quale le campane si alternano con i
tamburi (questi ultimi a rappresentare gli arabi), che ne
caratterizzano i suoni dell’evento. Liberi di professare la
propria fede, i monaci basiliani della zona diedero vita a due
monasteri (di S. Nicola e di S. Anna). Successivamente il re Ruggero
(figlio del liberatore), nel 1131, donò vaste terre ad ambedue, ma
ponendo la loro guida nelle mani del priore del monastero del SS.
Salvatore di Messina.(che divenne, così, Archimandrita).
Due documenti del 1104,
riportano la denominazione di Monforte, per la prima volta. Uno lo
chiama Montisfortis, mentre nel secondo, redatto dal
geografo al-Idrisi,
appella il paese come Munt da furt (cioè monte dei forti).
L’eroica difesa dagli arabi, rivive quindi ancora nel nome. Dai
normanni fino agli angioini, il castello del paese ebbe una grande
importanza strategica. Sia
Federico II (svevo)
che Carlo I d'Angiò (angioino) lo ritennero così importaqnte da
mantenere il suo comando sotto la loro diretta gestione. Nel
1357, la famiglia
Alagona fu investita della baronia di Monforte. In seguito,
il feudo passò in possesso della famiglia Cruillas e venduto poi,
nel 1405, al tesoriere del Regno, Nicolò Castagna. Con la morte di
questi, il feudo passò di mano per più volte a diverse famiglie
nobiliari, fino al 1596, quando ne entrò in possesso la famiglia dei
Moncada, che lo tenne per diversi secoli. A Monforte Marina si può
ammirare il loro palazzo di famiglia, comunque poco frequentato
dagli stessi.
|