Tra
Rometta Marea e Venetico Marina è posizionato il paese
di Spadafora (di 5.000 abitanti circa). Come i comuni limitrofi,
esso si sviluppa lungo la statale 113. La piazza antistante la
chiesa del Sacro Cuore di Gesù, si pone a circa la metà della
passeggiata di Spadafora ed è uno dei punti di riunione della
cittadina. Costruita tra il 1937 ed il 1939, fu aperta al culto nel
1940. Deve il suo nome alla santa apparizione che ebbe Santa Maria
Margherita Lacoque. Il miracolo è anche illustrato in una tela del
pittore messinese Bonanno, del 1945, posta attualmente, sopra
l'altare principale. Progettata dall’ingegnere Barbaro,
anch’esso di Messina, fu concepita in stile romanico. Il progettista
inizialmente compose soltanto l’altare maggiore. Successivamente
furono aggiunti altri due altari, uno con un crocifisso ligneo,
l’altro dedicato alla Madonna di Lourdes. Quest’ultimo offre ai
fedeli la riproduzione di una grotta, opera di un capace mastro
della zona di Giarre. Ambedue
gli altari, invece, risalgono al 1947, e sono stati
realizzati da scultori di
Ortisei. Nello stesso anno furono creati i numerosi altari laterali.
Spadafora possiede comunque una splendida chiesa cinquecentesca: la
chiesa di San Giuseppe. Originariamente, era stata edificata come
cappella dei principi Spadafora. Dopo di che, fu ristrutturata ed
ampliata per il culto di tutti i fedeli (furono aggiunti la volta e
la sacrestia). Nella chiesa sono conservate due statue lignee,
quella di San Giuseppe, scolpita da Antonio Zuccaro nel 1860, e
quella dell’Immacolata. Varie sono le statue realizzate in
cartapesta, tecnica tutt’altro che semplice.
Come quasi tutti
i paesi siciliani posseggono un castello. Anche a Spadafora ve n’è
uno, detto anche Castello Samonà. Probabilmente costruito agli inizi
come torre difensiva e di avvistamento, fu successivamente ampliato,
alcuni dicono dall'architetto fiorentino Camillo Camilliani, nel
Cinquecento (ma tale ipotesi non è suffragata da nessuna prova
documentale). Nel secolo successivo, oltre ad essere aggiunti i
quattro speroni, fu attrezzato con piazzole e merlature per i
cannoni. Fu anche dotato
di casematte per la sorveglianza, feritoie ed un fossato delimitato
da mura. Passato di proprietà dalla famiglia Samonà
all’amministrazione comunale, il monumento è stato per diversi anni
nella più completa incuria. Recentemente è stato restaurato dalla
Soprintendenza per i beni ambientali di Catania e poi a quella di
Messina. Anche se è stato evitato il degrado progressivo, molti dei
suoi elementi si sono persi, soprattutto della parte interna del
castello. Molti studiosi lo ritengono in relazione con il vicino
castello di Venetico, anche se questo è più arretrato rispetto alla
linea di costa. Ambedue furono proprietà della famiglia Samonù.
Quello di Venetico fu distrutto dal terremoto del 1908, andando poi,
piano piano, in rovina. Il castello di Spadafora è decisamente in
condizioni migliori. Una leggenda vuole che i due castelli siano
collegati da un tunnel sotterraneo, che permetteva uno spostamento
rapido di truppe o di prigionieri.
Cenni storici
Se Spadafora
acquisisce il suo nome da una famiglia nobiliare, i principi
Spadafora, che vi si insediò nel 1459, l’agglomerato ha lontane
origini. Prima città siciliota e poi con influssi greci, in periodo
romano andò spopolandosi. Soprattutto dopo la caduta dell’impero, la
costa vide l’imperversare dei barbari e poi dei pirati arabi. Tutto
il litorale tirrenico, prossimo a Messina, quindi, non essendo più
sicuro, soffrì dell’emigrazione di propri abitanti verso altri lidi.
Sorprendentemente, il periodo d’oro fu per Spadafora, quello
arabo. Vi fu un forte potenziamento delle colture agricole, con la
costruzione di canali che portavano l’acqua delle fiumare ai campi.
Le attività marinare, l’esportazione e l’arrivo via mare dei
prodotti arabi, diede un forte impulso commerciale alla zona. A
tutto questo si aggiunse il lato culturale, da non sottovalutare.
Infatti, l’impostazione intellettuale dei fenici e poi dei greci,
data alla cittadina, fu incentivata dalla dominazione araba, che ne
fece un centro culturale siciliano. Spadafora mantenne le sue
vocazioni durante i successivi periodi normanni e svevi. In epoca
angioina e poi aragonese, tristemente il paese iniziò un lento
decadimento. Oltretutto, i principi di Spadafora si trasferirono a
Palermo, presso la corte reale, lasciando il territorio in mano ai
gabellotti.
Nell’Ottocento
Nel 1817, vennero
redatti i primi registri dello Stato civile, dove l’abitato di
Spadafora fu elevato a comune autonomo, inglobando la frazione di
San Martino. Gli spadaforesi si distinsero nei moti del1948, per la
liberazione dal giogo borbonico. L’assedio di Messina li vide tra i
protagonisti, questo almeno fino alla caduta della città, il 7 di
settembre. Altrettanto coraggio lo dimostrarono nel 1860. Con lo
sbarco di Garibaldi in Sicilia, aspettarono il suo arrivo per poi
confluire tra i garibaldini. Questo poco prima che avvenisse la
battaglia di Milazzo, il 20 luglio 1860. La vittoria conseguita da
Garibaldi, gli permise di risalire la penisola italiana verso
Napoli. Nel 1861 nasceva l’Italia.
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