Guido delle Colonne
Citata da Dante nel De Vulgari Eloquentia,
Guido delle Colonne, che di
professione faceva il giudice a Messina (dal 1257 al 1280), rientra nel folto gruppo dei rimatori della Scuola poetica siciliana. Di
lui ci sono giunte solo cinque canzoni, contenute nel
manoscritto Vaticano-Latino 3793.
Svolse l’attività di poeta
presso la Corte federiciana
dal 1243 al 1280, quindi anche dopo la morte di
Federico II. Delle canzoni rimasteci, la più importante è,
senz’altro, Ancor
che l'aigua per lo foco lassi. Si recò in Inghilterra alla corte
di re Edoardo I.
Alcuni studiosi gli attribuiscono la
paternità della Historia destructionis Troiae, opera di
traduzione dal Roman de Troie. Il testo fu commissionato
da Matteo della Porta, che era vescovo di Salerno. La stesura
dell’opera fu ultimata nel 1287. Se l’attribuzione è corretta, si
attesterebbe che Guido delle
Colonne era ancora vivo ed operante in quell’anno.
Odo delle Colonne
Nato probabilmente a Messina di lui si sa
pochissimo, non conoscendosi neppure l’anno della nascita e quello
di morte. Fece parte della Magna Curia dell’imperatore Federico II
di Svevia. Forse
era parente di Guido delle Colonne, comunque molto
più conosciuto di lui.
Di
Odo delle Colonne (detto, a volte, anche Oddo) ci sono giunte due canzoni:
Distretto core e amoruso
e, la seconda, Oi lassa 'nnamorata, quest’ultima, però,
di attribuzione un po’
dubbia. Ambedue hanno
come riferimento il canto popolare, ma hanno un’impostazione più alta
ed aulica. Entrambe poi sono infelici lamenti d’amore.
Ruggiero Amico
Ruggiero Amico, che si presume fosse d’origine messinese, ricoprì cariche
politiche nella Corte
federiciana (era
giustiziere della Sicilia occidentale),
occupandosi
anche di poesia. Sempre nel campo delle ipotesi, lo si ritiene il
padre
di Guglielmo Amico indi nonno di Ruggiero di Lauria. A livello
poetico, sempre nell’ambito della Scuola, molti sono i componimenti
a lui attribuiti, ma l’unica con certezza è la
canzone
Sovente Amor n'à ricuto manti.
I suoi numerosi possedimenti
erano collocati tutti in Calabria.
In un documento,
datato
10 ottobre 1239, si fa accenno alla sua nomina di giustiziere.
Carica di grande importanza, Ruggiero viene chiamato a ricoprirla in
un momento assai delicato per l’imperatore. Colpito, infatti, dalla
seconda scomunica di papa Gregorio IX, Federico II temeva scissioni
da parte del clero e dei fedeli al papa. Incaricò, perciò, Ruggiero
per colpire con mano ferma qualsiasi tipo di fronda e rivolta. Nello
stesso periodo, altre possibili defezioni sono rappresentate dalla
rivolta del 1232, a cui aderiscono le città di Centorbi e Capizzi ,
e dalla comunità musulmana di Sicilia, in fermento. Le due cittadine
vennero espugnate e distrutte, mentre i musulmani, catturati e
deportati, andranno a costituire l'insediamento musulmano di Lucera.
Ruggiero Amico eseguì perfettamente i voleri del Re Svevo,
tanto che questi lo ricompensò , nel maggio del 1240,
nominandolo capitano e maestro giustiziere di Sicilia
e Calabria.
Tuttavia, la sua fedeltà all’imperatore non durò
a lungo. Nel 1246, il papa e molti
baroni ribelli organizzarono
la cosiddetta
congiura di Capaccio. Ruggiero, trovatosi invischiato, fu perciò
arrestato. Finì i suoi giorni in prigionia. Morì nel 1248, ma alcuni
studiosi ritengono che sia stato colpito da una condanna a morte, e,
quindi, giustiziato nello stesso 1246.. Stavolta, comunque, ad
essere ricompensati furono i suoi figli, che riottennero i
possedimenti calabresi da papa Innocenzo IV. Successivamente,
il figlio Corrado
tornerà nel regno di Sicilia con l'avvento della dominazione
angioina di Carlo d'Angiò.
Rinaldo d'Aquino
Rinaldo d'Aquino nacque alla
fine del XII secolo a Montella. Il luogo dove nacque è tra le poche
cose certe sulla sua vita, perché l’informazione ci è data dallo
stesso poeta, che nella canzone
Amorosa donna fina,
lo attesta. La tradizione lo vuole parente
di San Tommaso
d'Aquino.
Mario Garofalo (in
Rinaldo d'Aquino - Rimatore montellese del '200) asserisce che la madre di Rinaldo fosse la nobile Teodora e da
Landolfo, e, quindi, sarebbe fratello di Filippo e di San Tommaso.
All’interno della Magna Curia rivestiva la funzione di
falconiere di Federico II (nominato
nel 1240). Le ipotesi lo vogliono traditore di Manfredi e quindi il
passagio alla parte avversa di Carlo d'Angiò. Da questi ebbe in dono
il feudo di Roccasecca.
Come letterato della Scuola, gli si
attribuiscono ben 11 componimenti, 9 canzoni e 2 sonetti.
Tuttavia, sono giunte ai nostri giorni
solo un sonetto e
dodici canzoni. Veniva considerato più bravo come retore che come
poeta. Tra le canzoni vengono citate da Dante Per
fin amore vao si allegramentee,
e nel
De vulgari eloquentia,
la
canzone amorosa, Lamento per la partenza del Crociato
(che
tratta della
Sesta
crociata). Altra sua composizione abbastanza conosciuta, è Già mai non
mi conforto,
, Le sue opere
sviluppano, comunque, temi amorosi, come tutte le opere dei rimatori
della Scuola siciliana.
Altri poeti
Tra le opere giunteci della Scuola siciliana possiamo
citare, inoltre
due canzoni, L'amoroso vedere e D'amoroso paese,
redatte da Tommaso di Sasso,
e Pir meu
cori alligrari di Stefano
Protonotaro, e le canzoni di Re Enzo S'iu truvassi Pietati e
Allegru cori plenu.
Altri poeti della Scuola, oltre
allo stesso Federico II, sono
Mazzeo
di Ricco,
Giovanni Maria Barbieri, Arrigo Testa, Filippo da
Messina, Jacopo Mostacci, Percivalle Doria, e Giacomino Pugliese, ma
anche Giovanni di Brienne, Compagnetto da Prato, Paganino da Serzana
e Folco di Calavra.
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