«Avete spesso sentito
dire che Siracusa è la più grande città greca, e la più bella di tutte.
La sua fama non è usurpata: occupa una posizione molto forte, e inoltre
bellissima da qualsiasi direzione vi si arrivi, sia per terra che per
mare, e possiede due porti quasi racchiusi e abbracciati dagli edifici
della città. Questi porti hanno ingressi diversi, ma che si congiungono
e confluiscono all'altra estremità. Nel punto di contatto, la parte
della città chiamata l'isola, separata da un braccio di mare, è però
riunita e collegata al resto da uno stretto ponte. La città è così
grande da essere considerata come l'unione di quattro città, e
grandissime: una di queste è la già ricordata "isola", che, cinta dai
due porti, si spinge fino all'apertura che da accesso ad entrambi.
Nell'isola è la reggia che appartenne a Ierone II, ora utilizzata dai
pretori, e vi sono molti templi, tra i quali però i più importanti sono
di gran lunga quello di Diana e quello di Minerva, ricco di opere d'arte
prima dell'arrivo di Verre. All'estremità dell'isola è una sorgente di
acqua dolce, chiamata Aretusa, di straordinaria abbondanza, ricolma di
pesci, che sarebbe completamente ricoperta dal mare, se non lo impedisse
una diga di pietra. L'altra città è chiamata Acradina, dove è un
grandissimo Foro, bellissimi portici, un pritaneo ricco di opere d'arte,
un'amplissima curia e un notevole tempio di Giove Olimpio; il resto
della città, che è occupato da edifici privati, è diviso per tutta la
sua lunghezza da una larga via, tagliata da molte vie trasversali. La
terza città, chiamata Tycha perché in essa era un antico tempio della
Fortuna, contiene un amplissimo ginnasio e molti templi: si tratta di un
quartiere molto ricercato e con molte abitazioni. La quarta viene
chiamata Neapolis (città nuova), perché costruita per ultima: nella
parte più alta di essa è un grandissimo teatro, e inoltre due importanti
templi, di Cerere e di Libera, e la statua di Apollo chiamata Temenite,
molto bella e grande, che Verre, se avesse potuto, non avrebbe esitato a
portar via.» (Cicerone,
Verrine)
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