Il
15 maggio 1860,
dopo essere sbarcati a Marsala, i Mille di Giuseppe Garibaldi si
scontrarono, per la prima volta, con i soldati borbonici. Da un lato
i Cacciatori delle Alpi (meglio noti come garibaldini),
insieme ai primi volontari siciliani che andavano unendosi alla
spedizione, dall’altra 3.000 soldati borbonici, al
comando del
generale Francesco Landi.
Dopo aver seguito la strada
Marsala-Salemi-Calatafimi, la spedizione entrò in contatto con il
nemico all’altezza del rilievo del Pianto dei Romani (su di esso un
piccolo altopiano), posto a poca distanza (circa tre chilometri) dal
non grande centro di
Calatafimi e dalle
rovine dell’antica Segesta. Poiché i rossi arrivati a Calatafimi,
intendevano prendere la strada militare
Trapani-Calatafimi-Palermo, che si trovava a circa un chilometro a
nord, il monte era passaggio obbligato per giungere a Palermo. Il
luogo del contatto fu, quindi, la valle tra la collina di Pianto dei
Romani e il Monte Pietralunga. Sul fondo di essa scorreva un
torrente,
affluente del fiume Freddo. L’area si presentava parzialmente
rocciosa, con un boschetto e delle zone coltivate, con muretti di
separazione delle piccole proprietà. Nonostante fosse maggio, il
clima siciliano si presentava caldissimo, come fosse già estate.
Gli antefatti
Nonostante l’organizzazione interna dei garibaldini, stabilita a
Talamone, con lo sbarco in Sicilia, l’arrivo di volontari creò
qualche problema di suddivisione di essi. Vennero, quindi creati due
nuovi battaglioni, agli ordini di Nino Bixio e del siciliano
Giacinto Carini. Nei giorni precedenti lo scontro, si aggregarono
nuove forze alla Masseria Rampagallo ed a Salemi.
Mentre ciò
avveniva, il tenente generale borbonico Paolo Ruffo, principe di
Castelcicala, Luogotenente del Re per la Sicilia, che non era uno
sprovveduto, chiese a Napoli l’invio di truppe da sbarcare proprio a
Marsala, in modo da chiudere in una tenaglia l’esercito di
Garibaldi. I soldati gli furono inviati, ma giunsero in ritardo e
sbarcarono a Palermo, anziché a Marsala. Non conoscendo le
intenzioni né la consistenza degli “invasori”, il generale Ruffo
ordinò ai soldati di stanza a Trapani, di congiungersi con le truppe
del generale Landi, che era già posizionato nella zona strategica di
Calatafimi, che controllava le due sole strade della Sicilia
occidentale, che da Marsala portavano a Palermo. In effetti, le
decisioni sul da farsi non erano chiare nemmeno a Garibaldi. Egli
aveva a disposizione due scelte: o dirigersi verso est ed il centro
dell’isola, per iniziare una campagna di guerriglia, o andare a
nord, verso Palermo, e affrontare i borboni posizionati a Calatafimi,
cercando lo scontro militare. D’altra parte, l’attesa rivolta
siciliana era avvenuta “a macchia di leopardo” e non garantiva un
successo immediato. Oltretutto, l’insurrezione di Rosolino Pilo ed i
suoi rivoltosi, stava finendo miseramente sotto l’intervento
borbonico. Garibaldi, alla fine, scelse la via più rischiosa. Dopo
due giorni di sosta a Salemi, diede l’ordine al suo esercito di
avanzare verso il villaggio di Vita, poco distante da Calatafimi.
Era l'alba del 15 maggio del 1860.
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