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Calatafimi, dagli elini di Segesta a Garibaldi

Le origini di Segesta
La sua evoluzione storica
Il tempio ed il teatro di Segesta

La storia recente di Calatafimi
Il castello di Calatafimi
Chiese e feste religiose
Le Terme segestane
I formaggi locali

    LA BATTAGLIA
Garibaldi dopo lo sbarco a Marsala
La battaglia di Calatafimi
Sviluppi e riflessioni
Il Sacrario di Pianto Romano

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     CALATAFIMI SEGESTA

        Calatafimi, oggi denominata
   Calatafimi Segesta, ha nel duplice
   nome tutta la grandezza di due periodi
   storici. Dalla magnificenza degli elimi
   di Segesta, nell’antichità, alla battaglia
   avvenuta tra Garibaldi ed i borbonici,
   tappa fondamentale del nostro
   Risorgimento.

   

    Garibaldi dopo lo sbarco
    a Marsala

     
     

 
   

Giuseppe Garibaldi a simbolo del Risorgimento utaliano

Autore ignoto - Belisarius - 16 aprile 2007
Foto da Wikimedia Commons

 





 Il 15 maggio 1860, dopo essere sbarcati a Marsala, i Mille di Giuseppe Garibaldi si scontrarono, per la prima volta, con i soldati borbonici. Da un lato i Cacciatori delle Alpi (meglio noti come garibaldini), insieme ai primi volontari siciliani che andavano unendosi alla spedizione, dall’altra 3.000 soldati borbonici, al comando del generale Francesco Landi.

Dopo aver seguito la strada
Marsala-Salemi-Calatafimi, la spedizione entrò in contatto con il nemico all’altezza del rilievo del Pianto dei Romani (su di esso un piccolo altopiano), posto a poca distanza (circa tre chilometri) dal non grande centro di Calatafimi e dalle rovine dell’antica Segesta. Poiché i rossi arrivati a Calatafimi, intendevano prendere la strada militare Trapani-Calatafimi-Palermo, che si trovava a circa un chilometro a nord, il monte era passaggio obbligato per giungere a Palermo. Il luogo del contatto fu, quindi, la valle tra la collina di Pianto dei Romani e il Monte Pietralunga. Sul fondo di essa scorreva un torrente, affluente del fiume Freddo. L’area si presentava parzialmente rocciosa, con un boschetto e delle zone coltivate, con muretti di separazione delle piccole proprietà.
Nonostante fosse maggio, il clima siciliano si presentava caldissimo, come fosse già estate.

Gli antefatti
Nonostante l’organizzazione interna dei garibaldini, stabilita a Talamone, con lo sbarco in Sicilia, l’arrivo di volontari creò qualche problema di suddivisione di essi. Vennero, quindi creati due nuovi battaglioni, agli ordini di Nino Bixio e del siciliano Giacinto Carini. Nei giorni precedenti lo scontro, si aggregarono nuove forze alla Masseria Rampagallo ed a Salemi.

Mentre ciò avveniva, il tenente generale borbonico Paolo Ruffo, principe di Castelcicala, Luogotenente del Re per la Sicilia, che non era uno sprovveduto, chiese a Napoli l’invio di truppe da sbarcare proprio a Marsala, in modo da chiudere in una tenaglia l’esercito di Garibaldi. I soldati gli furono inviati, ma giunsero in ritardo e sbarcarono a Palermo, anziché a Marsala.
Non conoscendo le intenzioni né la consistenza degli “invasori”, il generale Ruffo ordinò ai soldati di stanza a Trapani, di congiungersi con le truppe del generale Landi, che era già posizionato nella zona strategica di Calatafimi, che controllava le due sole strade della Sicilia occidentale, che da Marsala portavano a Palermo.
In effetti, le decisioni sul da farsi non erano chiare nemmeno a Garibaldi. Egli aveva a disposizione due scelte: o dirigersi verso est ed il centro dell’isola, per iniziare una campagna di guerriglia, o andare a nord, verso Palermo, e affrontare i borboni posizionati a Calatafimi, cercando lo scontro militare. D’altra parte, l’attesa rivolta siciliana era avvenuta “a macchia di leopardo” e non garantiva un successo immediato. Oltretutto, l’insurrezione di Rosolino Pilo ed i suoi rivoltosi, stava finendo miseramente sotto l’intervento borbonico. Garibaldi, alla fine, scelse la via più rischiosa. Dopo due giorni di sosta a Salemi, diede l’ordine al suo esercito di avanzare verso il villaggio di Vita, poco distante da Calatafimi. Era l'alba del 15 maggio del 1860.

 
 

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