Morgantina è famosa
soprattutto per il contenzioso nato tra lo Stato italiano e il Getty
Museum di Malibu, sorto per la restituzione di importanti
ritrovamenti, quali la Venere di Morgantina. Il
Paul Getty Museum di Malibu, infatti, aveva
acquistato, da fonti insospettabilmente
illecite, la
Venere ed altri reperti,
provenienti dal sito archeologico di Morgantina. Dopo anni di
trattative e contestazioni, si è riconosciuto la giustezza delle
richieste italiane. Con l’accordo raggiunto le opere sono ritornate
in Italia (il 17 marzo 2011)
e ora si trovano
esposte nel museo
archeologico di
Aidone.
La Venere di Morgantina o Dea di Morgantina, fu
ritrovata nei recenti scavi della relativa polis siciliana. L’opera,
di pregiatissima fattura, fu realizzata, in Sicilia, nel V secolo
a.C (tra il 425 a.C. e il 400 a.C.). E’ talmente preziosa che molti la ritengono scolpita
da un allievo del famoso artista greco Fidia, che avrebbe operato
nella Magna Grecia di quel tempo. La perfetta fattura è chiaramente
in
stile
post-fidiaco, diffusosi in Grecia ai tempi della guerra del
Peloponneso. E’, per la sua bellezza, paragonata alla Nike di
Paionios ad Olimpia e alle Vittorie del Tempio di Atena Nike ad
Atene La Venere di Morgantina è una statua alta 2,24
metri. E’ stata realizzata in calcare colorato, ma presenta sulle
parti scoperte, mani e piedi,
l’uso di
un marmo pario, similmente alle Metope di Selinunte. E’ stata
realizzata per essere guardata a 360°. E’, infatti, lavorata
minuziosamente nel panneggio anche nella parte posteriore. Si
ergeva, probabilmente, su di un piedistallo in uno spazio aperto,
probabilmente
all'ingresso del
Santuario centrale. Il fatto, invece, che la parte posteriore della
testa non sia completata, fa presupporre un copricapo o una
parrucca, incollata con uno strato di stucco A causa del recente
contenzioso, sono state fatte analisi scientifiche sulla provenienza
del calcare in cui è scolpita la statua. E’ stato accertato che si
tratta di materiale siciliano, e, per la precisione, estratto da una
cava posta sulla
riva sinistra
del fiume Irminio, a poca distanza da Marina di Ragusa.
La disputa dell’opera
Il contenzioso nasce, formalmente, nel 1988, quando il
Paul Getty
Museum la acquistò ad un'asta della società Robing Symes a
Londra. Per essa furono pagati al tempo ben 28 miliardi di lire.
Purtroppo la statua era stata trafugata dagli scavi siciliani,
insieme a molto altro, che successivamente, fu denominato “il
Tersoro di Morgantina”. Tutto il materiale, poi, fu esposto nel
museo di Malibu, negli Stati Uniti.
A cavallo del millennio,
i magistrati del tribunale di Enna, istruirono un processo sul furto
locale d’arte. Dopo il dibattimento, il 5
marzo del 2001, i
giudici condannarono Renzo Canavesi, ricettatore svizzero, a due
anni di reclusione. Il Canavesi (ricostruirono i magistrati), venuto
in possesso illegalmente dei reperti, li avrebbe rivenduti alla casa
d’asta londinese, agli inizi degli anni ottanta, per ben 400.000
dollari. In seguito, come abbiamo visto, le opere, acquistate dal
Getty Museum, presero la strada degli Stati
Uniti. Oltre alla condanna detentiva, il ticinese fu anche
condannato
al pagamento di una penale di
ben 40 miliardi di
lire. L’altissima cifra derivava per il 50% dal valore dell’opera,
così come stimato da esperti, e per l’altro 50 % dal rimborso dei
danni morali subiti. Quello ennese è stato il processo con la penale
più alta mai decretata in Italia per un furto di reperti
archeologici. La restituzione dell’opera all’Italia è avvenuta il
17 marzo 2011,
esattamente il giorno in cui si compivano 150 anni dall’Unità
d’Italia. La statua è stata esposta due mesi dopo nel Museo
Archeologico di
Aidone.
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