Cosa abbia rappresentato lo zolfo per la Sicilia
è poco conosciuto. Oggi l’attività estrattiva di questo minerale è
quasi del tutto scomparsa. Eppure vi fu un periodo storico in cui la
Sicilia rappresentò la maggiore produttrice di zolfo a livello
mondiale. Le prime miniere nella Storia furono proprio quelle
siciliane, a partire già dal
XVII secolo. L’attività si diffuse rapidamente
nell’isola, tanto che, nel 1820, lo zolfo siciliano raggiunse la
quota
di 378.000 tonnellate annue, che erano i 4/5
dell’intera produzione mondiale. L’esportazione interessava tutta
l’Europa, ma anche gli Stati
Uniti d'America. Nel
1834, furono censite oltre 200 miniere operative in Sicilia.
L’area dell’isola che fu
interessata dall’attività estrattiva fu quella centrale, la
cosiddetta dai geologi:
altopiano gessoso-solfifero.
Essa comprendeva
soprattutto le province di Enna (in particolar modo), di
Caltanissetta ed Agrigento. Il fenomeno dello zolfo siciliano toccò
pure, in parte, le province di Palermo e Catania.
Se, dati alla mano, il
fenomeno zolfo in Sicilia ebbe un enorme importanza a livello
mondiale, il suo limite fu lo stesso dell’attuale: le
infrastrutture. C’erano nell’Ottocento tutti i presupposti per “un
lieto fine”. Purtroppo, in Sicilia mancavano
strade di comunicazione, mezzi meccanici, ferrovie e
porti in grado di caricare lo zolfo su grosse navi mercantili. Il
trasporto avveniva per lo più tramite grossi carri trainati da
robusti cavalli. In queste condizioni lo zolfo siciliano aveva un
costo di produzione elevato, mentre il mercato concorrenziale
abbatteva i prezzi. Alla fine del secolo XIX, in pieno periodo
Unitario, il sindaco di Catania, Tenerelli, denunciò la lentezza con
cui si costruiva la
Ferrovia della tratta Palermo-Catania (che attraversava la zona
zolfifera interna). Cioè l’industria dello zolfo languiva. Che non
fosse un problema solo politico lo dimostra il fatto che sia il
sindaco di Catania, sia Robert Trewhella, che ottenne in subappalto
la tratta fino a Villarosa (realizzata nel 1876), erano ambedue
grossi imprenditori zolfiferi. Quando la tratta del Trewhella
fu realizzata, si sbloccò in parte la situazione: Catania divenne il
porto preferenziale per il carico del minerale, oltre allo sviluppo
indiretto complessivo del porto stesso della città. La cosa,
però, non durò molto a lungo. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento,
la società Anglo-italiana dei Florio, che operava nel settore,
dominandolo, spostò il carico dello zolfo a Porto Empedocle (“il
porto di Agrigento”). Il motivo? I
costi erano inferiori. La
decisione si ripercosse su Catania e tutta la sua area.
Il
settore, effettivamente, registrò, a cavallo dei due secoli (XIX e
XX secolo) un grande sviluppo, raggiungendo il suo picco massimo.
Sta di fatto, che all’arrivo della concorrenza americana a basso
prezzo (grazie al metodo
Frasch) l’industria dello zolfo siciliana, che aveva
quei limiti strutturali, non riuscì a mantenere il passo.
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