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La Sicilia e la stagione dello zolfo

Lo zolfo, minerale essenziale

Il bel sogno delle zolfare siciliane
L'incredibile storia delle zolfare
La questione degli zolfi
Vita in miniera
Le miniere di Riesi
Il Parco minerario Floristella-Grottacalda
Altre miniere di zolfo
La zolfara di Colle Madore ed il Mito
Pasquasia, miniera sì, ma diversa

Video sulle zolfare siciliane
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LE ZOLFARE SICILIANE

          Come per le tonnare, anche le
    zolfare raccontano la Sicilia
    all’avanguardia dell’Ottocento.
    Il mondo intero passava, allora, per
    le sue miniere. Terminata la stagione
    delle zolfare, rimangono bellissimi
    parchi museali di archeologia
    industriale. Una Sicilia, comunque,
    poco conosciuta.

   

     La questione degli zolfi

     
     

 
   

Paolo Ruffo di Bagnaria, principe di Castelcicala, ambasciatore a Londra
raffigurazione di William
Salter

National Portrait Gallery, London
Foto da Wikimedia Commons

 





 

 Abbiamo visto quanti e tali appetiti interessavano l’estrazione dello zolfo siciliano. Questo, all’inizio dell’Ottocento, si presentava molto conveniente, sia per la sua estrazione, che per i suoi costi bassi di produzione e offerta sul mercato.
Un primo riassestamento si ebbe dopo la vittoria su Napoleone e la Restaurazione francese. Il governo borbonico stipulò una serie di trattati con le nuove potenze: con la Gran Bretagna, nel 1816, con la Francia, lo stesso anno, e la Spagna, l’anno seguente. I nuovi trattati abolivano i precedenti basati su diritti di bandiera, trasformandoli in trattati commerciali veri e propri, con il restaurato Regno delle Due Sicilie.
Il parlamento della Gran Bretagna ratificò velocemente i nuovi accordi, nello stesso 1816, forte del fatto che già molte aziende britanniche operavano sulle miniere ed altri settori della Sicilia.
In ogni caso, nessuno poteva prevedere l’incremento incredibile della domanda di Zolfo. Il forte sviluppo dell’industria tessile inglese, ma anche francese, comportò l’aumento della richiesta di acido solforico e quindi di zolfo estratto in Sicilia. Oltretutto, la relativa crescita industriale isolana (nel 1833 la produzione triplicò) provocò il dimezzamento del prezzo di vendita, non essendo la richiesta aumentata parallelamente.

Il governo borbonico cercò di adottare una politica protezionista per lo zolfo. La Gran Bretagna chiese allora di raggiungere un accordo bilaterale, che prevedesse le misure originarie, ma con l’aggiunta di un piccolo dazio del 10 %.
Nel dicembre 1837, approfittando delle trattative ancora in corso, la società francese Taix & Aycard, propose un proprio accordo commerciale: l’acquisto di 600.000 cantari l'anno, con l’aggiunta di un piccolo dazio per la mancata estrazione degli altri 300.000 cantari non estratti (una specie di indennizzo). La proposta, infatti, prevedeva l’esclusiva, tagliando fuori, quindi,  ogni altra concorrenza. Il regime di monopolio, permetteva di fissare un prezzo più alto di quello sul mercato (almeno il triplo), più una tassa per l’esportazione. La società francese esclusivista, guadagnava congruamente, lo stato napoletano pure. L’accordo, perciò, fu velocemente siglato nel maggio 1838. In pratica, la società francese Taix & Aycard, si configurava come semplice intermediaria tra il produttore ed il consumatore, ma con un guadagno garantito sull'operazione.

Verso una guerra
L’allegra operazione commerciale non teneva in conto che tra i “consumatori” ci sarebbero state nazioni intere. Sia la Gran Bretagna, sia la stessa Francia, si lamentarono con i Borboni.
In quel periodo si occupava
della politica estera britannica, Lord Palmerston, un interventista dal gioco duro. Per fare degli esempi, le sue decisioni portarono alla prima guerra dell'oppio e all’intervento militare nell’area del Levante (nel 1840). Egli, quindi, minacciò il governo delle Due Sicilie, che aveva stracciato gli accordi del 1816, di sequestrare con la marina militare britannica le navi napoletane che effettuassero l’esportazione dello zolfo fuori dalla Sicilia.
Diversi erano gli interessi e diverse le visioni economiche. Gli inglesi erano liberisti, mentre i napoletani erano protezionisti. Ne va da sé che gli interessi delle aziende britanniche, gli investimenti effettuati localmente e la libera circolazione delle merci, cozzavano con l’ottica opposta dei napoletani. E non solo sul problema dello zolfo, ma anche di altre attività commerciali in atto in quel periodo.
Per dimostrare a Ferdinando II il livello della propria volontà, Lord Palmerston inviò nel Tirreno una propria squadra navale. Alcune navi mercantili borboniche furono scortate di prepotenza verso Malta. Parallelamente l’ambasciatore inglese a Napoli fu informato segretamente della cosa. Questo si desume solo da documenti borbonici, in quanto i giornali britannici non fecero alcuna menzione dell’atto militare. Certo, la dimostrazione di forza serviva come avvertimento e non come atto di guerra. In ogni caso, la cosa non piacque a Ferdinando II, che, per ritorsione, diede l’ordine di bloccare ogni bastimento inglese che si trovasse  nelle acque del suo Regno.
Si era proprio ai ferri corti, quando intervenne come pacificatore la stessa Francia. Accettata dalle due parti, la mediazione portò, come primo atto di buona volontà, al rilascio di alcuni pescherecci. Nello stesso anno, fu rescisso l’accordo con la società privata francese. Al governo borbonico non rimase che pagare un contributo alla Gran Bretagna e alla stessa Francia, per l’aumento del prezzo dello zolfo, e, come ciliegina sulla torta, un rimborso alla società francese per il mancato introito previsto dal contratto.  Alcuni studiosi avanzano l’ipotesi, sulla base degli avvenimenti, di un possibile accordo segreto tra le due superpotenze europee.

Poiché, nel 1841, Lord Palmerston uscì dal governo britannico, il rapporto tra Borboni e corona britannica tornò a migliorare. Nel 1845, si arrivò, addirittura, alla firma di un nuovo trattato commerciale tra le due parti. Il nuovo accordo presentava l’inusuale concetto di reciprocità. La Gran Bretagna guadagnava la libertà di commercio e di navigazione, mentre il regno delle Due Sicilie otteneva l'esclusiva sul commercio di limitato cabotaggio. La particolare modalità dell’accordo, fu riproposta in negoziati simili con Francia e Russia. In ogni caso il governo borbonico rimase di stampo protezionista.
L’attività estrattiva nel breve periodo di monopolio non ne guadagnò, anzi, il contrario. La piccola stagnazione registrata fece ridurre estrazioni, esportazioni e occupazione. Quando il momento storico cessò, sul mercato si era già profilata la concorrenza dello zolfo islandese e delle Indie Occidentali. Il futuro era ancora favorevole, ma non come prima.

 
 

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