Il comune di Riesi, in
provincia di Caltanissetta, è stato tra quelli che più ha operato,
nel passato, nell’attività estrattiva dello zolfo. Tra il comune di
Riesi e quello di Sommatino, presso il ponte di Muntina, si trovava
il grande complesso minerario di Trabia e Tallarita. La grande area
mineraria è divisa, infatti, in due parti dal fiume Imera, con il
tratto meridionale del suo corso. La particolare caratteristica
geologica delle miniere, cioè il giacimento solfifero, studiata da
molti, si fa risalire, addirittura, al Miocene superiore.
L’attività estrattiva della miniera di Trabia (detta la Solfara
grande) iniziò verso il 1730. Inizialmente, il materiale da
raccogliere si trovava direttamente in superfice. Non serviva una
grande tecnologia: appena un piccone ed una pala. Col tempo,
naturalmente, la situazione mutò. Un secolo dopo, nel 1830, la
tecnologia estrattiva era molto più sofisticata, essendo divenuta
meccanica. La miniera, così, si trasformò, nel tempo, in una vera e
propria “industria”. Si scavava in profondità, seminudi per il
caldo. La roccia estratta veniva portata ad un pozzo verticale, da
dove una torre, munita di argano, trasportava in superfice i
carrellini. La roccia sulfurea passava, quindi, in piccoli
stabilimenti (anche posti in loco), attrezzati con forni, per la
separazione del prezioso minerale dalla restante roccia calcarea.
La quantità di roccia solfifera del grande bacino minerario era,
perciò, molto ingente. Fu calcolato che ogni anno riusciva a
produrre fino a 10.000 tonnellate di materiale. La grande
proporzione comportò un
parallelo aumento di ricchezza e, quindi, lavoro. Per gli operai,
impegnati nello scavo, circa 300 (e le loro famiglie), sorse un
intero villaggio, fatto di case e servizi, quali i carabinieri la
posta, uno spaccio ed una piccola chiesa.
All’inizio del
Novecento (1904), le miniere di Trabia-Tallarita, attraverso la
costruzione di una teleferica (della lunghezza di circa 10 km),
furono collegate con la vicina stazione di Campobello di Licata,
posta sulla linea Canicattì-Licata. Il materiale, quindi, poteva
raggiungere facilmente dei porti sulla costa, per essere poi
acquistato e trasportato da navi mercantili. Negli anni venti il
bacino minerario di Riesi raggiunse il suo picco produttivo: vi
lavoravano, infatti, circa 3.000 minatori.
La ricchezza prodotta
dallo zolfo, purtroppo, terminò negli anni cinquanta del XX secolo,
quando giunse sul mercato la potente concorrenza dello zolfo
americano. A questo si aggiunse, nel 1957, una disgrazia nella
miniera di Scordia: un’esplosione di grisou, causò una frana
all’interno di un pozzo, dove morirono parecchi minatori. Le
miniere di Riesi chiusero i battenti nel 1975. L’ intera
industria mineraria di Riesi, abbandonata da tempo, rappresenta un
ottimo esempio di archeologia industriale. I macchinari al suo
interno rendono edotti i turisti della stagione delle zolfatare
siciliane, di un passato ancora recente. Oggi, dal 2010, il
complesso estrattivo è stato, infatti, trasformato in un Museo delle
Solfare di Trabia Tallarita, al cui interno si trova un'interessante
esposizione multimediale, che racconta dello zolfo nisseno.
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