«Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno
saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi,
sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra.»
(Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “Il Gattopardo”)
Come dicevamo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa per prendere ispirazione
per il suo capolavoro letterario non dovette cercare lontano. La
storia della sua stessa famiglia aristocratica gli fornì i
personaggi, il loro carattere e i luoghi dove si muovevano. Il suo
bisnonno,
il Principe Giulio Fabrizio Tomasi di Lampedusa,
divenne il protagonista dello scritto, essendo tra l’altro vissuto
nel periodo garibaldino. I due protagonisti, ad esempio, quello
reale e quello immaginario, possiedono un proprio osservatorio
astronomico, dilettandosi entrambi d’astronomia. Lo stesso
stemma di famiglia dei Tomasi, il gattopardo, diventa, nel libro,
quello dei Salina e dà il titolo all’opera stessa.
Giuseppe
Tomasi, essendo un lettore di libri assiduo, e una persona di
cultura, non può non avere preso in considerazione la letteratura
siciliana precedente. Tre sono gli autori e i testi che lo avranno
ispirato: la novella Libertà di Giovanni Verga, I Viceré
di Federico De Roberto e I vecchi e i giovani di Luigi
Pirandello. Il tema comune a tutti è il fallimento risorgimentale in
Sicilia e la delusione di un mancato profondo rinnovamento. Ma
mentre De Roberto fa un analisi complessa, alla ricerca delle
motivazioni, Giuseppe Tomasi le individua nel carattere
machiavellico e camaleontico dei governanti siciliani che
appoggiarono la causa garibaldina in extremis, tentando di salvare
gli interessi precedenti, e in un sentimento di “sicilianità” che
sopravvive indipendentemente dal nuovo che sopraggiunge. Tutto
questo viene espresso nella famosa frase pronunciata dal principe:
« Se
vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. »
(Tancredi Falconeri, nipote del
Principe Fabrizio, ne "Il Gattopardo")
La domanda che sorge,
quindi, è: Il Gattopardo è un romanzo storico? Lo stesso Giuseppe
Tomasi sosteneva di aver voluto creare un testo basato sulla
memoria e non una ricostruzione storica. D’altra parte il suo libro
è molto carente proprio sotto questo profilo, ad esempio mancano le
vicende di Bronte e la repressione di Nino Bixio. Recentemente, ne
Il romanzo antistorico
di
Vittorio
Spinazzola si formula una nuova teoria. Il critico analizzando i
testi di De Roberto, Pirandello e Giuseppe Tomasi, individuando la
dolorosa convinzione che la storia non sia un percorso progressivo
verso la felicità dell’uomo, sostiene, al contrario, l’estraneità a
qualunque visione finalistica. Anzi, lo
sviluppo storico se da un lato risolve vecchie e negative
situazioni, dall’altro ne produce di nuove, altrettanto negative e
dolenti. Le nuove teorie dello Spinazzola (il romanzo
antistorico) si confrontano nell’annosa questione con le teorie più
classiche, senza, comunque, trovare, ancora oggi, una soluzione
concorde.
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