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La cucina di strada nella tradizione siciliana

Dalla strada al fast food
Per le vie di Palermo
Le tante "pizze" siciliane

Gli arancini
Fritti e friggitorie
Le focacce: la scàccia
Le focacce: la scacciata
Tra pizzerie e rosticcerie
La cucina povera tradizionale
Il pane con la meusa
La càlia e la simenza

Video sulla Cucina di strada
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     LA CUCINA DI STRADA
    

        Rosticcerie, friggitorie, pizzolerie,
    tutte attingono dalla cucina di strada
    della tradizione, molto viva a Palermo.
    Scopriamo questa cucina popolare
    alternativa in Sicilia.

   

    La cucina povera tradizionale

     
     

 

 

Stigghiole in vendita alla Pescheria di Catania

Pequod76 -
Foto da Wikimedia Commons

 






 La quarumi
Quarumi in siciliano sta per "pietanza calda", quindi, viene tradotto in italiano con la parola “caldume”. In effetti, è una specialità da strada siciliana che va servita e mangiata calda e condita, a piacere, con sale, pepe, olio e una spruzzata di limone.
La quarumi è una vivanda tipicamente popolare. Essa consiste in viscere di vitello di vario tipo bollite (ventra, matruzza, centopelle e ziniere). Il brodo, detto “quarara", contiene cipolle, sedano, carote, prezzemolo.
E’ un tipico piatto di Palermo e Catania.

La stigghiola
E’ un piatto della cucina povera siciliana, a base di budella di agnello, cucinate alla brace. Si può trovare da cuochi ambulanti (detti stigghiulari) per le strade dell’Isola, in particolare, palermitane.
Le budella di agnello (a volte sostituite con quelle di capretto o pollo), lavate abbondantemente con acqua e sale, successivamente condite con prezzemolo e cipolla (ma non sempre), vengono inserite in uno spiedino da porre sulla brace calda. Alcuni stigghiulari usano arrotolale intorno ad un porro. Come ovvio, la stigghiola va servita calda.
Il piatto è talmente inserito nella cucina tradizionale siciliana, che il
Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf) lo ha accluso nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T).

La frittola
Nella gastronomia da "strada" palermitana, sempre creata con gli scari, troviamo la frittola. Alcuni scarti della macellazione meccanica del vitello, come pezzetti di carne, grassetti e piccole cartilagini ossee, non vengono gettati, ma, anzi, passano in un silos, per essere bolliti ad altissima temperatura. Al termine della cottura, il prodotto viene torchiato e pressato in blocchi. Questi passaggi permettono alla frittola di essere commestibile per anni.

Il frittularu ne prende una piccola porzione e la fa “rinvenire” il composto friggendolo nello strutto. Successivamente, viene posto in un canestro, aggiungendo pepe ed alloro. Indi viene ricoperto con uno straccio, per mantenerlo caldo. Chi lo richiede, può mangiarlo su un foglio di carta oleata, o inserito in un panino morbido.
Non bisogna stupirsi della lavorazione degli scarti di vitello, da cui la frittola. Oggi, si consumano anche le ossa dell’animale, che vengono polverizzate per diversi usi industriali.

 
 

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