Abbiamo visto l’enorme
sviluppo della rete ferroviaria siciliana a cavallo del XIX e del XX
secolo. Ma in esso si nasconde, purtroppo, un piccolo grande
dettaglio: l’uso dello scartamento ridotto per una parte di esso.
L’errore nasce nell’Ottocento, quando per la realizzazione della
Palermo- Corleone, nata come tranvia, la si realizzò come ferrovia,
per poter usufruire dei finanziamenti
degli enti
locali, come previsto
dalla nuova legge Baccarini, che, tra l’altro, consigliava lo
scartamento metrico italiano
(detto scartamento ridotto)
Lo scartamento ferroviario detto
ordinario è pari a 1435 mm. Le linee con misure
inferiori sono dette, invece, a scartamento “ridotto”. L’errore
nasce dalla misurazione della larghezza tra i due binari. Nel XIX
secolo, in Italia, era in uso
il sistema francese, che
misurava la larghezza
(lo scartamento) tra le due mezzerie del fungo della rotaia e
non a partire dai bordi interni delle stesse. La confusione nacque
(secondo gli esperti) a partire proprio dalla Legge Baccarini,
del 1879, che avrebbe dovuto dare regole precise
alle costruzioni ferroviarie. Nel testo, infatti, si consigliava
l'uso del più
economico scartamento ridotto, adottando, quindi, uno dei due
scartamenti, 1.500 o 1.000 mm. In pratica la legge peggiorò la
situazione. Dopo di essa moltissime tratte si ritrovarono ad avere
uno scartamento di 950 mm.
Il Consiglio provinciale di
Palermo sancì di costruire, quindi, la linea Palermo-Corleone come
ferrovia. Le successive linee che vi si collegarono, ebbero quindi
dati tecnici uguali.
Il
nuovo tratto di “ferrovia” fu appaltato
all’imprenditore inglese Robert
Trewhella nel 1884, che li portò a conclusione due anni dopo. Il
successivo
prolungamento verso
Castelvetrano e poi la costa meridionale dell’isola, furono
affidati, nel 1898, alla Società Siciliana per le Ferrovie
Economiche. Lo stesso
Trewhella realizzò,
poi, la
Ferrovia
Circumetnea, che si definì
come una ferrovia privata in concessione. Fu costruita dalla Società
Siciliana per lavori pubblici. Vari erano gli interessi
sull’esecuzione dei lavori: gli enti locali,, che partecipavano al
finanziamento, richiedevano la vicinanza e l’ottimizzazione del
collegamento stesso. Soprattutto, però, ad incidere economicamente
erano le società zolfifere (molto spesso straniere), che non si
interessavano del trasporto dei passeggeri, quanto del trasporto
dello zolfo estratto nelle miniere di loro proprietà.
La Società Sicula,
che si occupava della
costruzione di linee ferrate, tentò di costruire, a scartamento
ordinario, tratte che si sviluppavano lungo la costa. Realizzò,
così, la Castelvetrano-Porto Empedocle e la
Agrigento-Palma di Montechiaro-Licata.
Per risolvere la
confusione realizzativa, nel 1901, fu creata una Regia Commissione.
Questa sanzionò che le ferrovie dovevano essere costruite a
scartamento ridotto, ma, soprattutto, nella massima economia. Per il
superamento di forti pendenze fu autorizzato l’uso di cremagliere.
Così furono realizzate linee poco costose per tracciato, per
materiali utilizzati e a basso costo d’esercizio, Invece che
migliorare, la qualità delle nuove tratte venne ridotta. Così, i
nuovi tracciati erano molto più complessi e poco razionali, spesso
soggetti a frane o smottamenti del terreno. Anche la relativa
segnaletica era alquanto scadente ed insufficiente.
La gestione, dal
1906, delle differenti tratte passò allo Stato, che si fece carico
delle nuove realizzazioni. Tra queste:
dalla
stazione
di Castelvetrano, fino a Partanna e poi a Selinunte. La linea
Selinunte-Porto Empedocle-Siculiana, fu completata nel 1911. Tra il
1911 ed il 1915, sempre su pressione dei vari imprenditori zolfiferi,
venne realizzata e inaugurata la tratta Canicattì-Licata. Si
ottenne, da un lato, il trasporto dello zolfo ai porti collegati di
Licata e Palma di Montechiaro, dall’altra, il pendolarismo dei
minatori zolfatari fino al luogo di lavoro nell’interno della
Sicilia. Dal 1922, la rete siciliana fu
incorporata nella rete delle Ferrovie dello Stato. Tuttavia, la cosa
non risolse l’ambiguità tecnica della situazione originaria.
Il collegamento
ferroviario tra Castelvetrano ed Agrigento, iniziato nel 1914, fu
portato a conclusione solo nel 1951. In questo lasso di tempo,
moltissimi furono i km di ferrovia conclusi, ma per la maggiorparte
a scartamento ridotto. Dagli anni trenta, le realizzazioni furono
completate con estrema lentezza, quasi stancamente.
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