E’ sostanzialmente
Eschilo (Eleusi, 525 a.C.
– Gela, 456 a.C.)
l’inventore della Tragedia greca. Non solo negli aspetti tecnici,
come l’introduzione della maschera e dei coturni, ma anche di quelli
contenutistici. Nato ad Eleusi, a poca distanza da Atene,
combattè nelle battaglie di Maratona e Salamina, mori' in Sicilia,
presso Gela, esule a causa della presa del potere da parte di
Pericle. Il dramma di Eschilo si basa su motivi drammatici
ripresi in seguito dai suoi successori: l’ineluttabilità del
potere del fato; la misteriosa trasmissione del delitto per
generazioni; il conflitto interiore tra il richiamo della natura
e le regole più alte; Una legge di giustizia nella vita del
protagonista, che lo costringe al suo compimento.
Tutto
questo si ritrova nella tragedia l’Orestiade, una delle sue
migliori. Tra le principali caratteristiche del teatro di Eschilo
sono: l’uso di trilogie in cui si sviluppa un tema e l’uso di due
attori, che verrà mutato da Sofocle, che li porterà a tre, per una
maggiore complessità dei motivi drammatici.
In realtà le
trilogie di Sofocle
(Colono, demo di Atene, 496 a.C. – Atene, 406 a.C.) si diversificano
da quelle di Eschilo per il fatto che le tre opere che le compongono
possono essere considerate il semplice accostamento di tre tragedie
a se stanti. E’ proprio questa “autonomia” di ogni singola tragedia
che rappresenta una delle innovazioni di Sofocle. Ad essa si
aggiunge la rivoluzionaria presenza di tre attori in scena, ma ancor
più il motivo di questa scelta tecnica, cioè alla prorompente e
complessa visione di Sofocle delle proprie opere drammatiche. I
protagonisti, infatti, vengono schizzati come veri e propri uomini,
con la loro personalità. Si assiste ad una “umanizzazione” dei
protagonisti, non più tipologici come in Eschilo. “Uomini” e “donne”
affollano adesso il dramma greco, sempre idealizzati, ma molto più
vicini allo spettatore. Tra le sue opere maggiori vi è,
senz’altro, Edipo Re . Nel dramma, conosciutissimo, Edipo uccide,
senza saperlo, il proprio padre, per poi sposare, sempre
inconsapevolmente, la propria madre rimasta vedova.
Il terzo della famosa triade di
drammaturghi greci è Euripide
(Salamina, 23 settembre 480 a.C. – Pella, 406 a.C.). Ad esso si
deve, sempre nello sviluppo della tragedia, l’introduzione del lieto
fine. Nell’Alcesti, ad esempio, la giovane moglie di Admeto si
immola per la salvezza del marito, condannato ad essere immolato
dagli dei. L’arrivo dell’eroe Eracle che lotta con il dio degli
inferi, Tanato, e vince, riporta in vita Alcesti, ora riunita al
marito Admeto.
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