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Il documento più antico in cui si fa riferimento al castello è una
lettera del 1239 firmata dall’imperatore. Fanno seguito altre
missive che contengono informazioni sulla reperibilità dei fondi per
la costruzione dell’opera o riferimenti sulle scelte
architettoniche.
A partire dalla sua costruzione, e per i secoli immediatamente
successivi, il castello ha rivestito ruoli di primo piano nel regno,
divenendo sede regia, ma anche edificio per il parlamento. Supera
incolume la colata lavica del 1669 ed il terremoto del 1693. Verrà
infine utilizzato come caserma durante i secoli XVII e XIX.
Descrizione dell’impianto e delle decorazioni.
Il castello, ubicato inizialmente in cima ad un costone a strapiombo
sul mare, si erge ora su di un paesaggio stravolto dalle colate
laviche che hanno spostato la linea di costa ad hanno mutato
notevolmente la morfologia del luogo, che si presenta oggi più
esteso e pianeggiante. L’aspetto del monumento trasmette un senso
forte di compattezza generale derivante dalla perfetta simmetria
speculare della pianta quadrata (ogni lato misura 50 metri), tipico
del razionalismo svevo. Ai quattro angoli vi sono quattro robuste
torri, altre quattro semicilindriche sono inserite al centro di ogni
lato.
All’interno si apre una vasta corte quadrata, dove, attorno, sono
disposte quattro grandi sale con, ai fianchi, altre sale minori da
cui poi è possibile accedere alle torri angolari. Ogni sala
grande è divisa in quattro campate alte circa 10 metri. Tre di
queste sono coperte con volte a crociera costolonate appoggiate su
capitelli, quindi su semicolonne inserite ai muri, l’altra con volta
ogivale sorretta da archi impostati su pilastri. Gli ambienti
secondari, ovvero le sale minori, hanno una copertura con volte a
crociere costolonate ricadenti su pilastri o su mensole. Le quattro
torri angolari sono cilindriche all’esterno ma ottagonali
all’interno. Al piano superiore si accede tramite scale elicoidali,
mentre particolari impianti idrici sono stati ricavati dallo
spessore dei muri.
I Castello Ursino è oggi spogliato delle antiche stratificazioni,
superfetazioni e incrostazioni dei secoli successivi alla sua
edificazione grazie al restauro effettuato tra il 1932 e il 1934.
Sono stati comunque conservati elementi di particolare pregio
architettonico, ovvero l’arcata che immetteva nella cappella di S.
Giorgio (1391) ed il portale cinquecentesco.
Sul prospetto, all’interno di un’edicola, è l’aquila sveva che
artiglia una lepre. Sul fronte a S si apre una finestra con pentalfa
in intarsio di pomice e calcare. All’interno, nelle sale
secondarie, capitelli ornati di motivi floreali dal cespo di foglie
nervate derivate. I peducci hanno forma tronco-piramidale
rovesciata. Alcune chiavi di volta hanno decorazioni con rosoncini a
foglie. I gabinetti sono un esempio arredativo quasi unico per
l’epoca. Sono forniti anche di un piccolo spazio per riporre il vaso
da notte. |
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