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Cava d'Ispica, la Storia in un canyon 

Cava d'Ispica, gioiello incontaminato
L'incredibile isolamento storico
Necropoli e catacombe nella Cava
Cristiani e bizantini
Le chiese rupestri
Altre vestigia cristiane
Il castello ed il palazzo
ISPICA
Ispica, Bandiera Blu
Da Spaccaforno ad Ispica
Le Chiese barocche della ricostruzione
Palazzo Bruno di Belmonte
Le aree naturali costiere
Ispica verista

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CAVA ISPICA    

        Cava d’Ispica è una vallata fluviale
    ricca di testimonianze storiche di
    millenni, oltre che una zona
    incontaminata, ricoperta da florida
    macchia mediterranea. Ma per le
    aree naturali che contiene, tutto il
    comune di Ispica è
una grande oasi
    intatta. Tutta da esplorare.

   

    Palazzo Bruno di Belmonte

     
     

 

 

Palazzo Bruno di Belmonte ad Ispica

Gmelfi -  
Foto da Wikimedia Commons

 






 L’architetto Paolo Portoghesi dopo l’osservazione di Palazzo Bruno di Belmonte di Ispica, ha scritto:
Il palazzo con la sua arcaica identità di un vero e proprio castello, spicca nel paesaggio urbano e sembra rappresentare la contraddittorietà della sua terra, divisa tra il torpore di un persistente medioevo e la volontà di superare nella cultura, nell’intelligenza e nei legami con il continente la condizione insulare e la sua intramontabile arcaicità”.

L'architetto palermitano Ernesto Basile, famosissimo per le sue realizzazioni in stile liberty, nel 1906, fu chiamato dall'On.le Pietro Bruno di Belmonte ad edificare il nuovo palazzo nobiliare. La sua era la famiglia allora più importante della città e la costruzione commissionata sarebbe stata all’altezza del suo progettista. Purtroppo essa non fu mai ultimata e abitata. Una serie di difficoltà, lo scoppio della Grande Guerra, la morte della moglie fino alla sua stessa morte, avvenuta nel 1921, ne fermarono, definitivamente, la costruzione.
L'architetto Basile, con l’opera non ultimata, cercò di rendere abitabile il già costruito, per il barone Giambattista e gli altri figli dell’onorevole. Il professionista dovette accettare compromessi, che non risolsero, comunque, l’incompletezza del primo progetto. Dei cinque figli, però, solo uno risiedette nel palazzoe per poco tempo (la figlia Preziosa). Tutti gli altri si trasferirono in varie città (Roma, Firenze, Napoli e Catania).
Il palazzo fu acquistato dal Comune (i primi tre piani), che, dal 1975, lo adibì a sede municipale. Nel 1978, il Comune divenne proprietario anche dei restanti piani.
 

 
 

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