Con l’arrivo dei bizantini in Sicilia, conquistata dal
generale Belisario per volere dell'imperatore Giustiniano, la fede
cristiana, già presente, si diffonde ampiamente nell’isola. Nasce il
fenomeno del monachesimo e degli eremiti. La Cava d’Ispica, già
isolata da sempre, diventa il luogo perfetto dove ritirarsi in
preghiera. Diverse sono le piccole comunità cristiane ad
insediarvisi. Si aprono nuove grotte, mentre si modificano od
ingrandiscono le già presenti. Vengono creati piccoli luoghi di
culto, ma anche sostanziosi. Scavando nella roccia, infatti, si dà
vita a diversi "conventi", forniti di numerose celle al loro
interno, e disposti su più piani, il tutto comunicante sia con
corridoi che scale. Tra questi, il monastero rupestre di
Sant'Alessandra (denominata così per una raffigurazione parietale).
In questo periodo la Cava si arricchisce del suo primo santo:
Sant'Ilarione di Gaza. Sembra abbia soggiornato a lungo nella
valle (tra il III e il IV secolo), fatto stà, che
si crea la Grotta di Sant'Ilarione, mentre l’area viene denominata
la "Scala uruni" (la scala di Sant'ilarione), per la presenza di una
scala naturale, che dalla grotta portava al torrente, in fondo alla
vallata. In questo periodo si diffondono, soprattutto, santi e
riti d’origine orientale. La stessa Madonna è venerata come Madonna
dell'Idria (Odigitria), anch’esso culto tipicamente bizantino. In
generale, tutta la Cava presenta o luoghi di culto, o grotte, che, a
partire dalla dominazione bizantina, furono abitate da monaci o
eremiti.
La
Spezieria Nella parte occidentale della Cava d’Ispica
si trova una curiosa grotta detta "Spezieria". Era, probabilmente,
un luogo sepolcrale, a pianta quadrangolare, che, però, nel tempo
mutò di funzione. Essa presenta le pareti completamente ricoperte di
mensole e piccole nicchie, una buca scavata nel pavimento ed un
sedile che contorna l’intera sala, anch’esso scavato nella roccia.
La curiosa grotta, ha spinto la fantasia degli studiosi. Alla
fine, si è supposto che le nicchie contenessero vasi a più forme
pieni di unguenti, creme e pozioni d'erbe, che la buca fosse un
mortaio per macinare i preparati e che l’intera grotta non fosse
altro che una farmacia rurale. Da qui il nome di "Spezieria", che in
dialetto sta per farmacia.
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