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Cava d'Ispica, la Storia in un canyon 

Cava d'Ispica, gioiello incontaminato
L'incredibile isolamento storico
Necropoli e catacombe nella Cava
Cristiani e bizantini
Le chiese rupestri
Altre vestigia cristiane
Il castello ed il palazzo
ISPICA
Ispica, Bandiera Blu
Da Spaccaforno ad Ispica
Le Chiese barocche della ricostruzione
Palazzo Bruno di Belmonte
Le aree naturali costiere
Ispica verista

Video su Ispica
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CAVA ISPICA    

        Cava d’Ispica è una vallata fluviale
    ricca di testimonianze storiche di
    millenni, oltre che una zona
    incontaminata, ricoperta da florida
    macchia mediterranea. Ma per le
    aree naturali che contiene, tutto il
    comune di Ispica è
una grande oasi
    intatta. Tutta da esplorare.

   

    Ispica verista

     
     

 

 

Particolare della Torre di Palazzo Bruno di Belmonte - Sede comunale

Leandro Distefano
Foto da Wikimedia Commons

 






 La città di Ispica, con il vecchio nome di Spaccaforno, è stata ambientazione di racconti veristi sul finire dell’Ottocento, sia di Giovanni Verga che di Luigi Capuana. Quest’ultimo, in particolare, soggiornò nella cittadina ispicese, al convento del Carmine. Essendo sindaco di Mineo, gli affari lo portavano sprddo nella città.
Nelle sue ambientazioni, spesso sono descritti i luoghi, ma anche le tradizioni di Ispica.  In particolare nel racconto "Profumo", in cui Ispica è la cittadina siciliana di Marzallo e nel romanzo de Il marchese di Roccaverdina, dove la cultura di Spaccaforno è quella tradizionale contadina e feudale.

Dalla Rete, riportiamo un brano del racconto Profumo di Luigi Capuana:
“Anche Eugenia accostò la faccia allo sportello per guardare.
In alto, in cima alla roccia che scendeva a picco, si scorgevano, illuminati dal sole, i campanili, le cupole delle chiese, le facciate bianche e i tetti scuri di un gruppo di case affacciate proprio all'orlo del precipizio e quasi minaccianti di buttarsi giù; e lucide macchie verdi alberi e cespugli, bagnati dalla pioggia, arrampicati tra le sporgenze dei massi drizzantisi minacciosamente su la pianura. Non si capiva in che modo la carrozza avrebbe potuto salire lassù, tanto roccia, campanili, cupole e case sembravano vicini, da potersi toccare col dito.
 

 
 

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