Molti sono coloro che hanno parlato e scritto di Archimede, ma più
che altro di leggende. Di vere notizie storiche sul personaggio ve
ne sono pochissime. Non si sa quando sia nato, ma si sa che è morto
nel 212 a.C.
durante il sacco di Siracusa. L'erudito
bizantino Giovanni Tzetzes,
poiché si narrava fosse morto vecchissimo, azzarda avesse
settantacinque anni e quindi fosse venuto alla luce nel
287 a.C.
Il filologo Friedrich Blass
sostiene (da una frase contenuta
nell’Arenario) che
fosse figlio di un astronomo siracusano di nome Fidia. Altri,
dati i buoni rapporti tra Archimede e Gerone II, che fosse parente
del monarca. Sappiamo, invece, che Archimede fu uno scienziato e
inventore siracusano; che in un suo viaggio in Egitto, di cui ci
parla Diodoro
Siculo, frequentò Alessandria d’Egitto, conoscendovi il matematico e
astronomo Conone di Samo.
A Siracusa teneva una fitta corrispondenza con gli alessandrini
Dositeo ed Eratostene,
a cui rivolse
il trattato Il metodo e pose il problema dei buoi del sole.
Essendo un matematico, si occupò di molte branche legate proprio
alla matematica, quali:
l’aritmetica, la
geometria piana e la geometria solida, la meccanica, l’ottica,
l’idrostatica e l’astronomia.
Si sa che si occupò anche di tecnologia, soprattutto militare. Durante
la seconda guerra
punica
(secondo
Polibio, Tito Livio e Plutarco),
Gerone II gli chiese di inventare e realizzare macchine capaci di
fronteggiare il pericolo romano. Egli ne realizzò alcune. Plutarco
narra che gli artifici di Archimede avrebbero scagliato enormi massi
e una foresta di ferro contro le sessanta maestose
quinquereme di
Marco Claudio Marcello. Con la presa di quest’ultimo di
Siracusa, sarebbe arrivata la morte, per mano di un soldato romano,
per l’anziano inventore.
“ Ad
un tratto entrò nella stanza un soldato e gli ordinò di andare con
lui da Marcello. Archimede rispose che sarebbe andato dopo aver
risolto il problema e messa in ordine la dimostrazione. Il soldato
si adirò, sguainò la spada e lo uccise. “
(Plutarco, Vita di Marcello, 19, 9)
Tito Livio e
Plutarco
aggiungono
che Marcello, conoscendo e stimando l'incredibile valore di
Archimede (che poteva essere sfruttato da Roma), sarebbe rimasto
profondamente colpito e addolorato per la sua morte. I due storici
raccontano anche che gli fece dare una degna sepoltura. Queste
ultime informazioni non sono, però, confermate da Polibio.
Cicerone si attribuì la riscoperta nelle sterpaglie della tomba di
Archimede, contraddistinta da una sfera inscritta in un cilindro,
scolpita nel marmo.
Pappo di
Alessandria e Simplicio
ci riportano della famosa frase di Archimede
“datemi un punto d'appoggio e vi solleverò il mondo” che lo
scienziato avrebbe pronunciato a proposito delle sue scoperte nel
campo delle leve. Vitruvio, invece, racconta che il monarca Gerone
II avrebbe incaricato Archimede di scoprire se la sua corona era
realmente tutta d’oro o avesse al suo interno altri metalli. Mentre
faceva un bagno lo scienziato s’accorse che il suo corpo,
immergendosi, riceveva una spinta proporzionale al volume dell’acqua
spostata. Archimede ebbe improvvisamente un’intuizione e scappò in
strada tutto nudo gridando: héureka! (ho
trovato!). Egli aveva concepito un principio di idrostatica,
legato alla proprietà del peso specifico dei materiali. Immergendo
in acqua un chilo di legno, galleggerà, mentre un chilo di ferro,
affonderà. Poiché una lega ha un peso specifico minore dello stesso
peso in oro, Archimede dimostrò, così, a Gerone II che la sua corona
non era completamente d’oro.Anche questa teoria non può essere smentita
in quanto non esistono fonti storiche o archeologiche per smentirla.
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