Molte delle macchine inventate dal siracusano sono contenute nei
testi degli storici
Polibio, Tito
Livio e Plutarco
utilizzate nell’assedio romano alla città siciliana durante
la seconda guerra punica.
Tra queste
la manus ferrea,
un artiglio meccanico che riusciva a rovesciare le navi nemiche, e
diverse armi da getto perfezionate da Archimede. Galeno, molto più
tardi ci riporta l’invenzione degli
specchi ustori,
lamiere concave che riflettevano i raggi del sole sulle navi romane,
incendiandole. Un’altra macchina, particolarmente ingegnosa,
attribuita al genio di Archimede è
l’orologio ad acqua.
Basato su un flusso d’acqua, reso costante da rubinetti e
galleggianti, la complessa invenzione permetteva di misurare il
passare di dodici ore. Veniva azionata alle sei del mattino e
terminava alle sei del pomerigio. Essa permetteva di misurare, in
sostanza, il tempo lavorativo quotidiano, legato al sorgere e al
tramontare del sole. Va sottolineata la sua intuizione
d’interpretare il tempo come grandezza fisica e non soltanto come
consuetudine pratica. Un’altra invenzione a lui legata, di cui ci
parlano Ateneo e
Diodoro Siculo,
è quella del
meccanismo per il pompaggio
dell'acqua legata alla vite, ancora chiamata vite di Archimede,
che permise, per molti secoli, l'irrigazione dei campi coltivati.
Ateneo, Plutarco e
Proclo,
invece, ci riportano della fantascientifica nave,
completa di equipaggio e carico,
che si muoveva grazie ad un uomo solo:
la famosa
Siracusia.
In realtà la probabile esagerazione ci dimostra quanto fosse stimato
il genio di Archimede e quanto avanti erano le sue ricerche sulla
maccanica, che avrebbero potuto
permettergli la costruzione di
tecnologie,
che sfruttavano, proprio, il
vantaggio meccanico.
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