Le sue scoperte in campo scientifico sono numerosissime. Abbiamo
parlato del suo interesse per l’idrostatica, ancora oggi usiamo
parlare del principio di Archimede, su cui scrisse un testo, in due
volumi, intitolato Sui corpi galleggianti.
Nel secondo dei due volumi, egli studia la stabilità
dell'equilibrio di segmenti di paraboloide galleggianti, al variare
dei due parametri di forma e di densità, determinando
valori di soglia
che dividono le strutture stabili da quelle instabili. Le soluzioni
hanno anche un grande valore matematico (le ricerche avevano anche
importanza per le possibili applicazioni alla tecnologia navale).
Nel suo libro Arenario,
dedicato a Gelone II, Archimede si propone di calcolare quanti
granelli di sabbia sono contenuti nella sfera delle stelle fisse.
Per fare questo, egli rielabora la numerazione greca, allora molto
limitata, determinando numeri d’ordine altissimo, per quei tempi.
Nel testo, trattando di astronomia, egli parla della teoria
eliocentrica di Aristarco, che è la principale fonte sull'argomento.
In una seconda digressione, invece, descrive il calcolo della
grandezza apparente
del Sole, dandoci testimonianza dell'antico metodo sperimentale.
Tra le altre opere ritrovate abbiamo:
La misura del cerchio,
in cui egli dimostra che un cerchio è equivalente a un triangolo con
base eguale alla circonferenza e altezza eguale al raggio. Nello
studio tratta del
rapporto tra circonferenza e diametro di un cerchio, quello che oggi
chiameremmo pi greco,
arrivando ad una misura molto approssimata al vero.
Quadratura della parabola,
in cui Archimede calcola l'area di un segmento di parabola, cioè la
figura delimitata da una parabola e una linea secante ( anche non
ortogonale all'asse della stessa parabola), individuando
il suo valore in 4/3 dell'area del massimo triangolo in esso
inscritto. È il primo trattato conosciuto in cui è presente la somma
di una serie. Al principio del libro è definito quello che oggi
chiamiamo assioma di Archimede.
Sull'equilibrio dei piani ovvero: sui centri di gravità dei piani,Archimede compone uno deo primi libri di statica. In esso enuncia una
serie di postulati, dimostrando la legge della leva, e
affrontando il concetto di baricentro.
Sulle spirali,
in quest’opera lo scienziato, utilizzando un metodo cinematico,
definisce la cosiddetta spirale di Archimede. Riesce a calcolare
l'area del primo giro della spirale (in esso anticipa l'integrazione
di Riemann), e la direzione della tangente su tutti i punti della
curva, attraverso metodi propri della geometria differenziale.
Sui conoidi e sferoidi,
in quest’opera
Archimede definisce, e ne calcola il volume,
ellissoidi, paraboloidi e iperboloidi di rotazione.
Della sfera e del cilindro,
studiando il rapporto tra una sfera e un cilindro circoscritto, egli
stabilisce che la superficie della sfera è quattro volte il suo
cerchio maggiore e che il suo volume è i due terzi del cilindro. La
rappresentazione geometrica, per sua volontà, fu riprodotta, a
quanto narra Cicerone, sul marmo della sua tomba.
Archimede, ultimo scienziato dell’età antica, vero culmine della sua
scienza, fu vittima del sostanziale disinteresse verso la matematica
del mondo romano, prima, e di quello medievale, poi. Gli scritti di
Archimede giunti a noi, dovettero passare dall’imbuto rappresentato
dalla tradizione manoscritta. Solo con la riscoperta di uomini, come
Francesco Maurolico, Simone Stevino e Galileo Galilei, esso ha
rappresentato stimolo e sostanza per la nascita della scienza
moderna. Certamente la sua fisionomia di ricercatore, che spaziava
su tutti i campi a 360 gradi, oggi non è più possibile, date le
divisioni specialistiche. La grande capacità di Archimede, tuttavia,
fu quella di definire insiemi di postulati (adatti ad aprire nuove
teorie) e speculazioni che oggi definiremmo "fondazionali", utili
anche sotto il profilo applicativo, il tutto utilizzando originali
strumenti matematici, che egli ha introdotto nella scienza.
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