Numerose stazioni neolitiche, di epoca Sicana, sono state rinvenute
sul monte Erice.
Nell’antichità, Erice e
Segesta, di
fondazione contemporanea, erano le città più importanti degli Elimi
(di probabile
origine anatolica),
in particolare ad Erice si celebravano i riti religiosi. Il
territorio si estendeva da Erice medesima (centro religioso) a
Segesta (centro politico) fino a Panormo (l’attuale Palermo) e,
verso l'interno della Sicilia occidentale, ad Entella (oggi Contessa
Entellina, a 14 km. da Corleone, in provincia di Palermo). Gli Elimi
di Erice fondarono, anche, la vicina
Drepanon, l'odierna Trapani.
Sorgeva, infatti, sul luogo dell'antica Elymian, il famoso
tempio a Venere Ericina. Il Tempio era recinto da mura fortificate,
si dice avesse ben duecento custodi e sosteneva frotte di bellissime
donne che si prostituivano per guadagno. Alla dea era
affidata la
protezione del canale fra Erice e Cartagine.
Tucidite narra, a proposito della sua fondazione, che esuli troiani,
fuggitivi per il Mediterraneo, sarebbero sbarcati sul sito e
giudicandolo ideale vi si insediarono, dando nel tempo origine al
popolo degli Elimi.
Si narrava che il tempio a Venere di Erice conservasse doni votivi,
tra i quali quelli del fondatore Elimo e di Enea, che, profugo da
Troia, in questi luoghi seppellì il vecchio padre Anchise.
Virgilio,
infatti,
la cita nell'Eneide,
a proposito della morte di
Anchise e,
anche,un anno dopo, per i giochi in sua memoria. Nel canto V
dell’Eneide, racconta che in epoca remota vi si svolse la famosa
lotta di Ercole col gigante Erice, nel luogo in cui,
successivamente, gareggiarono al cesto il giovane e ambizioso Darete
e l'anziano
Entello.
La fortificazione del sito sacro sia da parte Elima che da quella
cartaginese, poi,
secondo una testimonianza di Posidonio tramandata da Strabone, nel
VII sec. a.C., la resero, insieme
con Siracusa ed Enna, funa delle più imponenti
fortezze siciliane.
L’area fu a lungo contesa tra Greci (Siracusani) e Cartaginesi, con
alterna fortuna. Nel
508 a.C. ,Dorieo, spartano, tentò inutilmente di espugnare la
fortezza-tempio. Tra il 398-397 a.C., Erice cadde prima
in possesso dei Cartaginesi
e poi dei Siracusani di Dionisio, che, sconfitti gli avversari
africani, rase al suolo Motya. Nel 278 a.C. fu la volta di Pirro, re
di Epiro, che riuscì ad espugnarla.
L’area era importante strategicamente, per il controllo e la difesa
di Lilibeo, tanto che il generale cartaginese
Amilcare,
durante la prima guerra punica,
la fece ulteriormente fortificare. La situazione di stallo tra
l’esercito cartaginese e quello romano, si risolse solo con
la vittoria di
Lutazio Catulo sulla flotta cartaginese (241 a.C.).
Nel 244 a.C. Erice era stata conquistata definitivamente dai Romani,
sotto i quali risorse, pur decadendo militarmente; basta ricordare
che questi provvidero a restaurare,
a spese
dell'erario romano, il tempio di Venere, crollato al tempo di
Tiberio Cesare e di Claudio, così come ci tramandano Svetonio e
Tacito. Questo, comunque, dopo che i segestani lo avevano chiesto,
nel 25 d. C., a Tiberio.
Venere fu la
prima dea a fare parte della mitologia romana ("Venere Ericina") a
imitazione di quella greca
Afrodite,
Tuttavia il Centro successivamente decadde nuovamente, tanto che
Strabone scrive che la Città e il territorio ai suoi tempi era
pressoché deserta.
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