Tra le lettere inviate da Palermo al suo amico Carrelli e alla
famiglia, vi è la sottostante indirizzata a questi ultimi:
« Ho
un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi
all'uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno
di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e
perdonatemi. »
Invia anche altre missive a Napoli di tono diverso e
contraddittorio. Ma poi sparisce e non se ne sa più nulla.
Preoccupati per il suo silenzio gli amici si misero a cercarlo.
Fermi contattò, addirittura, Mussolini. Si svolsero accurate
ricerche. Venne posta una ricompensa per chi ne desse
notizie (30.000
lire).
Le investigazioni furono portate avanti per circa tre mesi. Le
indagini interessarono anche due Conventi: quello dei Gesuiti a
Palermo in prossimità della sua abitazione, dove, sembrerebbe,
Majorana chiese aiuto; e quello di S.Pasquale di
Portici,
ma inutilmente. Tra le tante
ipotesi e gli altrettanti indizzi, fu rilevato come lo scienziato
nelle sue lettere non parli mai di suicidio, ma di scomparsa.
Un’altra pista rivelò che egli, prima di dissolversi nel nulla,
aveva prelevato in banca una sostanziosa somma di denaro,
consistente in stipendi arretrati e accumulatisi. La somma si
aggirerebbe oggi sui circa 10 mila
dollari.
Si rilevò, anche, la scomparsa del suo passaporto. Elementi che
presi unitamente, porterebbero a propendere più per la fuga che per
il suicidio. Si parla anche di documenti consegnati da Majorana
alla studentessa
Gilda Senatore,
poco prima di partire per Palermo. Il materiale sembra sia stato,
anni dopo, consegnato a
Carrelli, che ne parlò al rettore dell’università napoletana, che li
volle, assolutamente. Nessuno sa che fine abbiano fatto queste
carte.
Su che fine abbia fatto Ettore Majorana si sono
assommate quattro diverse piste, anche convalidate da segnalazioni o
testimoni. Le tracce del fisico porterebbero: o in Germania, o in
Argentina, o in un convento, o nella stessa Sicilia.
L’ipotesi tedesca
prefigurerebbe la partenza di Ettore per il Terzo Raich a cui
avrebbe offerto la sua genialità. Tra le quattro è la meno
sostenuta. L’ipotesi
argentina, supportata da quattro testimoni che lo avrebbero
visto a Buenos
Aires.
Purtroppo le indagini che si fecero su questa pista furono tutte di
carattere giornalistico. Poco efficaci.
La terza ipotesi è
quella sostenuta da Leonardo Sciascia, che negli anni sessanta si
interessò del caso, pubblicando il libro
La scomparsa di Majorana.
Lo scrittore supponeva che Majorana, che già in giovinezza aveva
frequentato
l'Istituto Massimiliano Massimo dei Gesuiti a Roma,
avesse compiuto la scelta di farsi monaco, in un ritorno, quasi al
suo passato. Già poco socievole, avrebbe optato per la vita
spirituale, più che materiale. La famiglia, in verità, aveva
investigato in tale direzione. Fu inviata una missiva a
Papa Pio XII
Pacelli, nel tentativo di sapere dal Vaticano se Ettore era almeno
vivo in qualche convento di frati. La famiglia non ottenne mai
alcuna risposta. La
quarta ipotesi si aprì negli anni settanta, quando un barbone,
di nome Tommaso
Lipari,
morì a
Mazara del Vallo,
dove girovagava, il
9 luglio del 1973.
Molti lo ritrassero come persona strana, con
una cicatrice sulla mano come Ettore, possessore di un bastone con
la data della nascita dello scienziato,
probabilmente anche colto, anche perché, sembra, aiutasse gli
studenti del posto, negli esercizi di matematica. Ulteriori indagini
portarono, però, ad un certo Tommaso
Lipari, uscito di prigione per un piccolo reato nel 1948.
Un’indagine callografica sgonfiò la cosa, escludendo che fosse
Majorana. Le ricerche e le indagini furono fatte dall'allora
procuratore di
Marsala, Paolo Borsellino.
La quinta ipotesi,
quella del suicidio, pur apparentemente la più probabile,
sostanzialmente non è documentabile come le altre quattro. Le
domande (e nuove ipotesi) continuano a porsi, mantenendo, perlomeno,
attenta l’attenzione del pubblico sul “caso Majorana”.
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