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   Giuseppe Tomasi
    di Lampedusa
   
     
     

 
 

Giuseppe Tomasi di Lampedusa


StefanoRR - 10 novembre 2011
Foto da Wikimedia Commons











 

 

Non sono tanti gli scrittori che passano alla storia avendo scritto un unico libro. Se poi aggiungiamo che il volume è stato pubblicato postumo, il numero è veramente ristretto. Giuseppe Tomasi di Lampedusa è uno di questi. Il suo unico romanzo, Il Gattopardo, è un capolavoro.
Persona schiva e solitaria, passò la sua vita leggendo. E’ sempre stato del tutto ignorato dal mondo.

Nacque a Palermo nel 1896, da genitori nobili, Giulio Maria Tomasi e Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò. Alla morte del padre, avvenuta nel 1934, Giuseppe ereditò tutti i titoli, divenendo: 12º duca di Palma, 11º principe di Lampedusa, barone di Montechiaro, barone della Torretta, Grande di Spagna di prima classe.
Dopo la morte della sorella maggiore Stefania, rimase figlio unico. La sfortuna lo portò ad ammalarsi di difterite (nel 1897), compromettendogli il fisico. Il padre era uomo distaccato e severo, per cui divenne legatissimo alla madre, che ebbe una grande influenza sia sulla personalità che nella sua vita.
Da bambino, nella immensa casa, fu cresciuto da una maestra, ma anche dalla madre, che gli insegnava il francese, e dalla nonna, che gli leggeva i libri di Salgari. La famiglia si spostava spesso a Santa Margherita Belice, dove era un palazzo dei Cutò. Qui ebbe l’occasione, ancora giovane, di assistere alla tragedia di Amleto, recitata da attori girovaghi. In seguito, nel 1911, si trasferì a Roma per frequentare il Liceo classico. Tuttavia, completò gli studi a Palermo. Nel 1915 ritornò a Roma e si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza, ma non terminò mai il corso di laurea. Anche perché nello stesso anno scoppiò, per l’Italia, la Prima Guerra Mondiale e Giuseppe fu richiamato alle armi. Fu coinvolto, poi, nella ritirata di Caporetto e venne catturato dagli austriaci, che lo imprigionarono in Ungheria. Fu protagonista di una fuga dalla prigionia, che lo portò a ritornare in Italia a piedi.
Terminata la guerra si dimise dall’esercito e si trasferì di nuovo in Sicilia. Alternò riposo a brevi viaggi, come quello fatto a Genova con il cugino Lucio Piccolo, che divenne un apprezzato poeta in Italia. Vi rimase circa sei mesi. Durante questa sosta, collaborò alla rivista letteraria Le opere e i giorni.

Tomasi di Lampedusa si sposò, a Riga, in Lettonia, con la psicanalista russa Alexandra Wolff Stomersee (detta Licy), anch’essa nobile, essendo il padre il barone tedesco Boris Wolff von Stomersee e Alice Barbi, musicista, che aveva sposato, in seconde nozze, lo zio di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il matrimonio non durò a lungo. Ritornati a Palermo, la novella sposa non faceva altro che litigare con la madre di Giuseppe, finchè Licy non fece i bagagli e tornò in Lettonia.
Nel 1934, con la morte del padre, Giuseppe ereditò tutti i suoi titoli nobiliari e le tutte le attività commerciali. Richiamato, infatti,  alle armi, nel 1940, per la seconda guerra mondiale, Il Tomasi di Lampedusa fu congedato essendo a capo dell'azienda agricola paterna. Durante la guerra si rifugiò a Capo d’Orlando, unitamente alla madre e alla moglie, tornata dalla Russia. Nel 1946, morì la madre e Tomasi di Lampedusa tornò a vivere con Licy a Palermo.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa iniziò, quindi, ambienti letterari.  Nel 1953 entrò in contatto con Francesco Orlando e Gioacchino Lanza Tomasi. Frequentava anche il cugino, Lucio Piccolo, affernato poeta. Con lui, nel 1954, compì il famoso viaggio a San Pellegrino Terme,, dove era stato invitato, ad un convegno letterario,  proprio il cugino Lucio. Qui conobbe Eugenio Montale e Maria Bellonci. Sembra che proprio al ritorno da questa esperienza, il Tomasi iniziò a scrivere Il Gattopardo, opera che completò nel giro di due anni. Indi, tentò la pubblicazione del libro, ma ottenne solo rifiuti. Tra i suoi giudici severi vi fu anche Elio Vittorini, che lesse il testo per conto della casa editrice Einaudi. Nella completa disfatta, fu diagnosticato al Tomasi un cancro al polmone, che nel giro di un anno lo portò alla morte. Tutti i suoi titoli e averi, per sua volontà, furono ereditati dall'allievo Gioacchino Lanza di Assaro.
Dopo un anno dalla sua morte, nel 1958, Elena Croce inviò il manoscritto a Giorgio Bassani, che, accortosi del suo valore, lo fece stampare dalla Feltrinelli. Il successo ed i riconoscimenti furono notevoli, tanto che vinse il Premio Strega del 1959.
Il Gattopardo divenne ben presto un caso letterario. Furono vendute, in poco tempo, oltre 100.000 copie. Fu il primo libro italiano a raggiungere tale cifra, un vero best-seller. Dal libro fu tratto il film omonimo del regista Luchino Visconti, nel 1963, che anch’esso, sbancò il botteghino.
Dal testo del Gattopardo fu composta un'opera musicale da Angelo Musco, nel 1967,con libretto di Luigi Squarzina.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa fu sepolto nella tomba di famiglia al Cimitero dei Cappuccini di Palermo. Gli ultimi anni della sua vita, legati al suo capolavoro, sono stati narrati nel film Il manoscritto del Principe di Roberto Andò, del 2000. 

 
 
 

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