Non
sono tanti gli scrittori che passano alla storia avendo scritto un
unico libro. Se poi aggiungiamo che il volume è stato pubblicato
postumo, il numero è veramente ristretto. Giuseppe Tomasi di
Lampedusa è uno di questi. Il suo unico romanzo,
Il Gattopardo, è un
capolavoro. Persona schiva e solitaria, passò la sua vita
leggendo. E’ sempre stato del tutto ignorato dal mondo.
Nacque a Palermo nel 1896, da genitori nobili, Giulio Maria
Tomasi e Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò. Alla morte del
padre, avvenuta nel 1934, Giuseppe ereditò tutti i titoli,
divenendo: 12º duca di Palma, 11º principe di Lampedusa, barone di
Montechiaro, barone della Torretta, Grande di Spagna di prima
classe. Dopo la morte della sorella maggiore Stefania, rimase
figlio unico. La sfortuna lo portò ad ammalarsi di difterite (nel
1897), compromettendogli il fisico. Il padre era uomo distaccato e
severo, per cui divenne legatissimo alla madre, che ebbe una grande
influenza sia sulla personalità che nella sua vita.
Da
bambino, nella immensa casa, fu cresciuto da una maestra, ma anche
dalla madre, che gli insegnava il francese, e dalla nonna, che gli
leggeva i libri di Salgari. La famiglia si spostava spesso a
Santa Margherita Belice, dove era un palazzo dei Cutò. Qui ebbe
l’occasione, ancora giovane, di assistere alla tragedia di Amleto,
recitata da attori girovaghi. In seguito, nel 1911, si trasferì a
Roma per frequentare il Liceo classico. Tuttavia, completò gli studi
a Palermo. Nel 1915 ritornò a Roma e si iscrisse alla Facoltà di
Giurisprudenza, ma non terminò mai il corso di laurea. Anche perché
nello stesso anno scoppiò, per l’Italia, la Prima Guerra Mondiale e
Giuseppe fu richiamato alle armi. Fu coinvolto, poi, nella ritirata
di Caporetto e venne catturato dagli austriaci, che lo
imprigionarono in Ungheria. Fu protagonista di una fuga dalla
prigionia, che lo portò a ritornare in Italia a piedi. Terminata
la guerra si dimise dall’esercito e si trasferì di nuovo in Sicilia.
Alternò riposo a brevi viaggi, come quello fatto a Genova con il
cugino Lucio Piccolo, che divenne un apprezzato poeta in Italia. Vi
rimase circa sei mesi. Durante questa sosta, collaborò alla rivista
letteraria Le opere e i giorni.
Tomasi di Lampedusa si
sposò, a Riga, in Lettonia, con la psicanalista russa Alexandra
Wolff Stomersee (detta Licy),
anch’essa nobile, essendo
il padre il barone tedesco Boris Wolff von Stomersee e Alice
Barbi, musicista, che aveva sposato, in seconde nozze, lo zio di
Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il matrimonio non durò a lungo.
Ritornati a Palermo, la novella sposa non faceva altro che litigare
con la madre di Giuseppe, finchè Licy non fece i bagagli e tornò in
Lettonia. Nel 1934, con la morte del padre, Giuseppe ereditò
tutti i suoi titoli nobiliari e le tutte le attività commerciali.
Richiamato, infatti,
alle armi, nel 1940, per la seconda guerra mondiale, Il Tomasi di
Lampedusa fu congedato essendo a capo dell'azienda agricola paterna.
Durante la guerra si rifugiò a Capo d’Orlando, unitamente alla madre
e alla moglie, tornata dalla Russia. Nel 1946, morì la madre e
Tomasi di Lampedusa tornò a vivere con Licy a Palermo.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa iniziò, quindi, ambienti letterari.
Nel 1953 entrò in contatto con Francesco Orlando e Gioacchino
Lanza Tomasi. Frequentava anche il cugino, Lucio Piccolo, affernato
poeta. Con lui, nel 1954, compì il famoso viaggio a San Pellegrino
Terme,, dove era stato invitato, ad un convegno letterario,
proprio il cugino Lucio. Qui conobbe Eugenio Montale e Maria
Bellonci. Sembra che proprio al ritorno da questa esperienza, il
Tomasi iniziò a scrivere Il Gattopardo, opera che completò nel giro
di due anni. Indi, tentò la pubblicazione del libro, ma ottenne solo
rifiuti. Tra i suoi giudici severi vi fu anche Elio Vittorini, che
lesse il testo per conto della casa editrice Einaudi. Nella completa
disfatta, fu diagnosticato al Tomasi un cancro al polmone, che nel
giro di un anno lo portò alla morte. Tutti i suoi titoli e averi,
per sua volontà, furono ereditati dall'allievo Gioacchino Lanza di
Assaro. Dopo un anno dalla sua morte, nel 1958, Elena Croce inviò
il manoscritto a Giorgio Bassani, che, accortosi del suo valore, lo
fece stampare dalla Feltrinelli. Il successo ed i riconoscimenti
furono notevoli, tanto che vinse il Premio Strega del 1959. Il
Gattopardo divenne ben presto un caso letterario. Furono vendute, in
poco tempo, oltre 100.000 copie. Fu il primo libro italiano a
raggiungere tale cifra, un vero best-seller. Dal libro fu tratto il
film omonimo del regista Luchino Visconti, nel 1963, che anch’esso,
sbancò il botteghino. Dal testo del Gattopardo fu composta
un'opera musicale da Angelo Musco, nel 1967,con libretto di Luigi
Squarzina.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa fu sepolto nella
tomba di famiglia al Cimitero dei Cappuccini di Palermo. Gli ultimi
anni della sua vita, legati al suo capolavoro, sono stati narrati
nel film Il manoscritto del Principe di Roberto Andò, del
2000.
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