Quando si parla di nobiltà,
bisogna capire il tipo di titolo, perché tra essi esiste una
definita scala gerarchica. Nei testi più antichi sono menzionati
soltanto il Principe, il Conte e il Duca. Tuttavia, nella
progressione storica, in Europa si contarono ben 16 tipologie
nobiliari. Esse erano (in ordine d’importanza): Imperatore, Re,
Principe, Granduca, Arciduca, Duca, Marchese, Conte, Conte palatino,
Visconte, Barone, Signore. Patrizio, Nobile, Dominus e Cavaliere.
La nobiltà sarda prevedeva anche: Giudice, Generoso e Cavaliere
Nobile Don.
Le gerarchie nobiliari non influivano, in realtà,
sulla forza di ciascuno di essi. Questa poteva dipendere, infatti,
dalle alleanze tra famiglie ottenute con i matrimoni incrociati e la
ricchezza dei possedimenti fondiari, mentre il prestigio poteva
derivare dall'antichità della discendenza e la sua importanza
storica, delle cariche assunte e dei ranghi ufficiali.
La misurazione
Nella classe aristocratica esisteva anche un sistema di
“misurazione” della nobiltà: erano i cosiddetti “quarti di nobiltà”.
Essi erano incentrati nel numero di generazioni nobili, di cui la
famiglia poteva fregiarsi. Più era alto il numero, più aumentavano i
“quarti”. Il conto parte dai nonni, per cui, se erano tutti in
possesso di un titolo, si poteva contare 4/4 (un quarto per ognuno
dei quattro nonni). Ogni generazione all’indietro faceva salire il
livello dei “quarti”: una generazione in più, 8/4, due in più, 16/4,
e così via. La pratica della misurazione ha origine, alla fine
del Medioevo, nei paesi germanici e fiamminghi. Il motivo che li
spingeva era la possibile assenza di titolo da parte femminile, e,
quindi, il valore della seguente discendenza.
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