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Il cioccolato di Modica

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MODICA

        ""di inarrivabile sapore, sicché
   a chi lo gusta sembra di essere
   arrivato all'Archetipo, all'assoluto,
   che il cioccolato altrove prodotto
   - sia pure il più celebrato - ne sia
    l'adulterazione, la corruzione
."
   (Leonardo Sciascia)

   

    Il cioccolato nella cucina
    azteca

   
     
     

 

 

Scultura azteca di un uomo con in mano un frutto di cacao.

Lawrence of Arabia  - 23 agosto 2006
Foto da Wikimedia Commons

 
 




   Una legenda azteca narra di una sfortunata principessa che, lasciata dal marito partito per la guerra, rimase sola a casa per proteggere un tesoro. Giunti i nemici, la principessa  fu messa sotto tortura affinchè rivelasse il nascondiglio di esso. Tuttavia, non rivelò il segreto fino ad essere uccisa. Dal suo sangue nacque la pianta del cacao, amarissimo come le lacrime versate dalla principessa, forte ed eccitante come il suo carattere.

La coltivazione della pianta del cacao fu trasmessa dai Maya agli Atzechi, che consideravano il cioccolato legato alla dea Xochiquetzal, protettrice della fertilità. La bevanda quindi aveva un valore mistico, tanto che nelle cerimonie religiose di particolare importanza, veniva bevuto dai sacerdoti ed offerto, insieme all’incenso e allo stesso sangue degli officianti il rito. A testimoniarlo bassorilievi e documenti maya.
La bevanda, chiamata xocoatl (che significa "acqua amara", da cui deriva il nome cioccolato), veniva assunta con l’aggiunta di spezie, come vaniglia, peperoncino e pepe. Alla cioccolata venivano unite diversi tipi di farina per renderla più corposa e nutriente, come la farina di mais ed il miele. Un elemento caratteristico della bevanda, molto apprezzato dagli Aztechi, era la schiuma, che essi ottenevano mediante numerosi travasi. Poteva essere raccolta e messa da parte per essere aggiunta alla bevanda alla fine, prima di servirla, e quindi bevuta. Con la conquista da parte degli spagnoli del Messico, i travasi furono sostituiti dall’uso del molinillo, più veloce, efficace e pratico.
La cioccolata rimaneva, comunque, una bevanda
per i nobili ed i guerrieri, anche in periodo pre-colombiano in tutta l'America centrale. Essendo una bevanda sacra e rituale, andava assunta con serietà e compenetrazione, tanto che lo storico spagnolo Sahagún la descrisse come una bevanda "da non bere con leggerezza".

I semi di cacao, dovendo essere importati dal sud, erano così preziosi da trovare utilizzo come moneta di scambio (come avveniva per il ficodindia), di conto e similmente come vera e propria unità di misura. Il loro valore, pur non essendo alto, era, comunque tale da rappresentare di per sé un bene economico quanto l’oro. Ci si poteva acquistare abiti, strumenti di lavoro o acqua naturale. I semi venivano spesso contraffatti.
Nel tesoro dell’imperatore Montezuma gli spagnoli trovarono, con grande sorpresa, milioni e milioni di semi di cacao.

 
 
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