Una legenda azteca narra di una sfortunata
principessa che, lasciata dal marito partito per la guerra, rimase
sola a casa per proteggere un tesoro. Giunti i nemici, la
principessa fu messa
sotto tortura affinchè rivelasse il nascondiglio di esso. Tuttavia,
non rivelò il segreto fino ad essere uccisa. Dal suo sangue nacque
la pianta del cacao, amarissimo come le lacrime versate dalla
principessa, forte ed eccitante come il suo carattere.
La
coltivazione della pianta del cacao fu trasmessa dai Maya agli
Atzechi, che consideravano il cioccolato legato alla dea
Xochiquetzal, protettrice della fertilità. La bevanda quindi aveva
un valore mistico, tanto che nelle cerimonie religiose di
particolare importanza, veniva bevuto dai sacerdoti ed offerto,
insieme all’incenso e allo stesso sangue degli officianti il rito. A
testimoniarlo bassorilievi e documenti maya. La bevanda,
chiamata xocoatl (che significa "acqua amara", da cui deriva il nome
cioccolato), veniva assunta con l’aggiunta di spezie, come vaniglia,
peperoncino e pepe. Alla cioccolata venivano unite diversi tipi di
farina per renderla più corposa e nutriente, come la farina di mais
ed il miele. Un elemento caratteristico della bevanda, molto
apprezzato dagli Aztechi, era la schiuma, che essi ottenevano
mediante numerosi travasi. Poteva essere raccolta e messa da parte
per essere aggiunta alla bevanda alla fine, prima di servirla, e
quindi bevuta. Con la conquista da parte degli spagnoli del Messico,
i travasi furono sostituiti dall’uso del molinillo,
più veloce, efficace e
pratico. La cioccolata rimaneva, comunque, una bevanda
per i nobili ed i guerrieri, anche in periodo pre-colombiano in
tutta l'America centrale. Essendo una bevanda sacra e rituale,
andava assunta con serietà e compenetrazione, tanto che lo storico
spagnolo Sahagún la descrisse come una bevanda "da non bere con
leggerezza".
I semi di cacao, dovendo essere importati dal
sud, erano così preziosi da trovare utilizzo come moneta di scambio
(come avveniva per il ficodindia), di conto e similmente come vera e
propria unità di misura. Il loro valore, pur non essendo alto, era,
comunque tale da rappresentare di per sé un bene economico quanto
l’oro. Ci si poteva acquistare abiti, strumenti di lavoro o acqua
naturale. I semi venivano spesso contraffatti. Nel tesoro
dell’imperatore Montezuma gli spagnoli trovarono, con grande
sorpresa, milioni e milioni di semi di cacao.
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