Anche i ruderi parlano e raccontano di una storia
persa nelle nebbie del tempo: come i resti della Sinagoga di Savoca.
Posto tra la Chiesa di San Michele e del trecentesco Palazzo
della Curia, ai piedi
del Castello, oggi, dopo anche il crollo del tetto, ne rimangono
solo le rovine. Sul prospetto principale appaiono due
archi in pietra, mentre su quello laterale è visibile una
interessante finestra realizzata in pietra arenaria. Di questo
monumento medievale si sa poco. Un antico documento, del 1408, lo
cita come situato nel centro e nel migliore luogo dell'antico
abitato, fruito come sinagoga dagli ebrei della cittadina e dei
villaggi circostanti. Questa piccola,
circa 250/300 ebrei,
ma significativa presenza
nella Terra di
Savoca di una
laboriosa comunità
ebraica, riporta lo stesso documento, era dedita alla lavorazione
del ferro e della seta ed alla coltivazione della canna da zucchero.
La maggior parte dimorava a Casalvecchio e di questa presenza lo
testimonia oggi la via denominata "Via della Judeca".
La sinagoga fu confiscata
nel 1470, e divenne l’abitazione privata di tal Filippo
Storiali, mantenendo,
fino al XX secolo, il carattere di abitazione privata. Non si
conosce la nuova sede religiosa degli ebrei di Savoca dopo tale
confisca.
La comunità giudaica locale doveva essere abbastanza agiata. Con
l'editto di espulsione dalla Sicilia di tutti gli ebrei di re
Ferdinando II d'Aragona,
del marzo
1492, che confiscava anche i loro beni, si scatenò la corsa
all’accaparramento dei notabili savocesi. Vi è ancora traccia di
loro, però, nella toponomastica e nei cognomi locali.
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