Il
castello di Lentini, nel 1434, viene affidato al nobile Vincenzo
Gargallo. A lui viene concessa l’amministrazione della giustizia
(per i primi gradi di giudizio). Il re aragonese crea un nuovo
balzello e dà in servitù feudale Lentini, che è costretta a
riscattarsi per riavere la propria autonomia. Con l’unione della
parte castigliana e quella aragonese e la cacciata dei Mori nasce la
Spagna moderna. Nel 1516, il re Carlo V elimina la Camera reginale e
pone tutti i comuni nel demanio. Ma Carlo V è un re combattente e
questo vuol dire denaro. Ferdinando Gonzaga, vicerè spagnolo, torna
a minacciare di vendere di nuovo la città, e questa torna a pagare
(1537), costringendo all’emanazione di altre tasse comunali. E’ un
periodo di grande difficoltà. Il terremoto del 1542 incide
pesantemente in queste difficoltà, distruggendo non solo l’abitato,
ma danneggiando il nuovo e il vecchio castello. Se le tasse, di
tutti i tipi, pesano sulla popolazione, è un’invenzione estemporanea
del viceré Vega ad opprimere maggiormente. Questi inventa, infatti,
un nuovo paese posto nelle vicinanze, Carlentini, allo scopo di
creare un baluardo difensivo per la città, non fidando più sulle
difese esistenti. Per spingere la popolazione a trasferirvici,
sposta tutti i privilegi di Lentini a Carlentini, e, quando si rende
conto che gli abitanti di Lentini non hanno nessuna intenzione al
trasloco, arriva a cancellare la fiera di aprile, fonte di grande
proventi.
La durezza del periodo storico, non è una
questione di giudizio. A comprovarla sono i dati: il numero degli
abitanti di Lentini passa dai 14.756 abitanti del 1569 ai 7.360 del
1616, dimezandosi, per poi riportarsi sui 10.063 abitanti nel 1681.
Se ciò non fosse bastato, dietro l’angolo vi è la tragedia per tutta
la popolazione del sud-est della Sicilia. Nel 1693,
il terremoto del Val di Noto
spazza via gli abitati della zona, arrivando a percepirsi
persino a Palermo.
Naturalmente, anche Lentini è drasticamente interessata con la
distruzione totale delle case del paese. All’indomani della
catastrofe, la ricostruzione somiglia ad una rifondazione. Viene
presentato dal duca di Camastra, vicario reale per la riedificazione
dell’area , il progetto dall'architetto fra' Angelo Italia, che
prevede la ricostruzione della città in un altro sito. Ma i
dibattiti e le polemiche ne fermano l’attuazione. Si sceglie la
soluzione di ricostruire Lentini sulle macerie del vecchio sito.
Questo comporta tempi molto più lunghi. Intanto la popolazione è
diminuita a 4.369 abitanti (nel 1737) e i 4.268 nel 1747. Molti sono
coloro che hanno preferito spostarsi a Carlentini, meno danneggiata
dal terremoto. Anche i nobili fanno questa scelta, arrivando,
persino, a mettere in difficoltà l’amministrazione di Lentini. Per
risollevare le sorti del paese e ripopolarlo, sotto Carlo III di
Borbone, viene riaffermata la dignità del Senato e la città nominata
“Capo Comarca” amministrando sotto di sé le città di , Noto, Avola,
Ferla, Sortino, Melilli, Francofonte, Militello, Grammichele,
Spaccaforno, Cassaro e Palagonia (nel 1760). L’intento di ripopolare
il paese fallisce, come pure il tentativo di riproporre il vecchio
progetto di rifondare in altro loco il paese. |