Superato il periodo
delle rivolte napoleoniche, a cui la Sicilia non partecipa, il re
Ferdinando III di Borbone, in un giro dei comuni siciliani, nel
1806, fa una sosta anche a Lentini e viene ospitato nel palazzo del
barone Sanzà.
Molto spesso si ha della prima parte
dell’Ottocento la credenza che in Sicilia aspettassero tutti la
rivoluzione e l’Unità d’Italia. In realtà gli ideali risorgimentali
penetrarono nei siciliani progressivamente, questo, soprattutto,
nelle classi più agiate. Se a lentini si costituirono ben due gruppi
di carbonari, ma dalle idee non molto chiare, anzi, quasi
filo-borboniche. Durante le rivolte di Palermo, del 1820, i nobili
lentinesi si unirono al generale borbonico Florestano Pepe, che era
venuto a sedare le sommosse. I nobili della città capivano che in
fondo i loro interessi non collimavano con quelli dei popolani. Nel
1837, a causa dell’epidemia di colera, si ebbe una sollevazione
popolare. Ma il fronte dei baroni non era unito, tant’è che con una
delazione anonima furono fatti arrestare i più radicali di loro.
La rivolta del 1848, iniziata a Palermo 12
gennaio, vede anche Lentini sollevarsi il 1º febbraio. Subito
vengono organizzati Comitati provvisori, alla cui guida si mettono i
notabili più in vista, tra nobiltà e borghesia. Si aprirono contatti
con gli altri Comitati siciliani e venne organizzato un presidio
armato di cento uomini capitanati da Giovanni Ielo. Intanto a
Palermo il risorto Parlamento siciliano affronta lo spinoso problema
dei contingenti armati, a volte guidati da criminali o malavitosi,
probabili eversori.
Creano una Guardia Nazionale,
sopprimendo i contingenti. Tale Guardia Nazionale ha il gusto di una
milizia di classe. Tale è che il battaglione della Guardia Nazionale
formato a Lentini è guidato dal barone Francesco Beneventano.
Sorsero intanto problemi di difficile soluzione da parte dei
dirigenti della rivolta, oltre al totale isolamento internazionale.
Come sappiamo, le sollevazioni del 1848 si conclusero con un niente
di fatto , e, in Sicilia, col ritorno del governo borbonico. Ma la
crescita degli ideali unitari continuava, portando a nuove
consapevolezze. Quando in Sicilia sbarcò Garibaldi i tempi erano
maturi.
Il 20
maggio, con l’arrivo di Garibaldi
Lentini si solleva e dà vita
ad un Comitato centrale che invita alla raccolta per aiutare i
catanesi in difficoltà. Si crea un gruppo con uomini provenienti,
oltre che da Lentini, anche da Sortino, Noto, Modica, Vizzini,
Scordia, Scicli e Palazzolo. Viene chiusa la via per Siracusa. Su
ordine di Garibaldi, il piccolo esercito, dopo essersi concentrato a
Carlentini, passando per Scordia entrò, da sud, a Catania.
il 5 giugno. Il Comitato lentinese approvò
l’annessione al Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele II e accettò
la momentanea guida di Garibaldi. Il 21 ottobre Lentini votò
compatta per l'annessione al Piemonte.
Dopo l’Unità d’Italia, vengono realizzate
opere che migliorano la vita nel paese, quali il nuovo Ospedale o
l’acquedotto che porta l’acqua in casa dei lentinesi. Alle migliorie
civili, si affianca alla vecchia economia la nuova basata sulla
coltivazione degli agrumi, così forte da renderla esportatrice in
tutta Europa. Con le nuove opportunità, grazie anche all’inurbamento
di immigrati provenienti da tutte le parti dell’isola, la
popolazione fece a Limina quello che si auspicava da secoli:
crescere. Dai 9.417 abitanti registrati nel 1861 si passa ai 20.578
agli inizi del Novecento (1901). Il nuovo secolo si presenta
favorevole.
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