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LA SICILIA ROMANA
Bullet7blu.gif (869 byte) Le motivazioni della conquista
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    LA SICILIA TRA ROMA E CARTAGINE 
   
Una volta conquistata,
   con la libertà sembra perdere la
   sua stessa ricchezza.
   Un passo indietro? Scopriamolo.
 

Per saperne di più  

   
   
 
    Cicerone e la Sicilia    
     
     

 
 

La cosiddetta "tomba di Archimede" a Siracusa, in realtà un colombario di età imperiale romana.

 

Codas2 - 8 Novembre 2007
 
 
 
 

da Wikimedia Commons

 

Gli scritti più importanti della latinità sulla realtà siciliana si debbono alla penna di Cicerone. L'avvocato romano, che era stato «questore» per un intero anno (75 a.C.) a Lilibeo (oggi Marsala), aveva a lungo viaggiato in Sicilia, prendendo conoscenza della verità in Sicilia. Egli divenne il principale accusatore del governatore "ladro" Caio Verre, che era stato «pretore» in Sicilia dal 73 al 70 a.C. Questi si considerava talmente al di sopra della giustizia da ammettere spudoratamente i suoi furti (come egli stesso sfacciatamente diceva rubava per tre: per sé, per gli avvocati che lo avrebbero difeso, e per i giudici che lo avrebbero assolto). Nelle Verrine, che Cicerone scrisse in occasione del processo contro Verre (in particolare nell’orazione detta De praetura siciliensi), egli parla a lungo dei meriti dei siciliani, amici leali di Roma, a cui tanto si deve nelle vicende della terza guerra punica, che avevano permesso la distruzione definitiva di Cartagine nel 202 a.C . Cicerone ricorda, a tale proposito, che lo stesso Scipione l'Africano, grato dell'aiuto ricevuto, aveva distribuito fra i siciliani la parte migliore del bottino di guerra con Cartagine.
Sempre Cicerone ricorda del console romano Marco Marcello, che, presa la città di Siracusa, aveva dato ordine di salvare la vita di Archimede, a cui egli portava massima ammirazione. La sua uccisione doveva considerarsi solamente un deplorevole incidente dovuto ad un maldestro legionario romano. Se l’assedio durò tre anni, dal 214 al 212 a.C., era dovuto, scrive Tito Livio, al genio eccezionale del siracusano Archimede, ideatore e costruttore di straordinarie macchine da guerra, come catapulte gigantesche, enormi artigli, e micidiali specchi ustori. Lo stesso Cicerone si considerava lo scopritore a Siracusa della tomba di Archimede ormai dimenticata dagli stessi siracusani. Nelle
Discussioni Tuscolane, scrive: «Perciò, una nobilissima città della Magna Grecia, Siracusa, un tempo veramente colta, avrebbe ignorato il sepolcro del suo genio cittadino, Archimede, a tutti superiore per ingegno, se non l’avesse saputo da un uomo di Arpino».
Un pò storico, un pò avvocato, Cicerone seppe presentare la Sicilia ai romani, per quello che era, oggettivamente. Non trascurò di mettere in risalto il fatto che essa da sola con le sue 150.000 misure di grano ogni anno, era bastevole all’ approvvigionamento dell’esercito e regolarizzava il mercato interno cerealicolo di Roma. A questa ingente quantità di grano si associò il contributo finanziario durante la "guerra sociale", quando molti alleati italici si erano ribellati contro Roma per ottenere la cittadinanza romana. Cicerone mise in risalto quello che era stato il carattere dei siciliani: spirito di sopportazione, bontà e parsimonia, virtù tipiche romane nell'antichità.

 
 
 

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